Ci siamo trovati in passato a dialogare e valorizzare il progetto generativo del team di 24bottles (clicca qui per recuperare). In questa sede vi riproponiamo in dettaglio le parole che Matteo Melotti ha dedicato alla sua start-up eco friendly nella puntata “Il coraggio di osare. I giovani e l’intraprendere” del ciclo webinar organizzato da La Prossima Generazione, che vedrà dedicato nel suo insieme un Approndimento sul sito nella prossima settimana.
Clicca qui per recuperare l’Approndimento della prima puntata, con Luigi Zoja e Chiara Giaccardi.
Insieme a Katia Bassi, CMO e Board member di Lamborghini, e Fabrizio D’Angelo, filosofo, consulente e manager internazionale in ambito editoriale, Matteo Melotti racconta la sua idea imprenditoriale come frutto di una valutazione “mezzana” fra passione e rischio, fra innovazione e circolarità economica tipica del CSV (Creating Shared Value). Per quanto si possieda la comune percezione che l’essere giovani limiti l’orientamento all’azione generativa, nel loro caso niente è stato come sembrerebbe.
Matteo oggi ha 34 anni, e ci racconta che nei suoi vent’anni decise di dare una svolta alla sua vita. Appena finito il liceo, iniziò subito a lavorare in banca, data la volontà di immergersi in un percorso lavorativo stabile e convenzionalmente percepito come “sistemante”, come appagante. Stava bene dal punto di vista economico, ci spiega: aveva una sua indipendenza, un equilibrio normalmente invidiabile considerata la giovane età. Sembrava essere tutto perfetto, ma la realtà nascondeva tutt’altro: in banca tutto appariva ai suoi occhi statico, cementato in una dimensione che andava contro la sua natura e il suo carattere.
Proprio in banca conobbe quello che sarebbe diventato il suo partner nella creazione del marchio 24bottles, Giovanni Randazzo. I due decisero di mettere sul tavolo alcune idee di business che avevano soltanto osato immaginare nella loro testa, per incrementare quello che facevano durante il giorno, considerate le mansioni da scrivania essere inutili e di poco spessore al loro guizzo creativo. Comprarono le loro prime attrezzature sportive e biciclette pieghevoli, con lo scopo di rivenderle online e avere dei piccoli ricavi extra. Melotti non aveva ancora le idee ben chiare su cosa veramente volesse fare, ma sapeva solo di essere insoddisfatto del suo lavoro; sapeva quindi cosa non volesse fare: per lui la vera confusione era proprio spendere le proprie energie in un lavoro che non soddisfa a pieno, e non cercare di osare nell’elaborazione dei propri obiettivi.
L’idea di 24bottles nacque proprio in banca, quando lui e il suo socio continuarono a rifornirsi al bar con bottigliette d’acqua, spendendo e producendo sempre più rifiuti plastici. Dopo vari brainstorming si chiesero come poter reinventare l’utilizzo della bottiglia per evitare un consumo così elevato. Un fatto importante che Melotti ci sottolinea è che a quei tempi la bottiglia riciclabile era una realtà molto lontana dalla nostra, reperibile solo in ambienti sportivi o in contesti molto limitati rispetto ad ora. All’inizio della loro avventura imprenditoriale, la produzione delle bottiglie era irrisoria perché ancora le persone non riuscivano a concepire l’utilità di questo oggetto, soprattutto nel mondo del design e della moda; il loro obiettivo primario era di vendere le ultime bottiglie che avevano prodotto mettendo assieme tutti i risparmi rimasti.
Successivamente decisero di volare a Parigi per fare capire il loro concetto e la loro visione, che in Italia aveva poco attecchito. Proprio nella Ville Lumière riuscirono a ricevere il loro primo ordine, ottenendo un incontro con il direttore del “Centre de Pompidou”, intenzionato a un lotto da rivendere negli angoli commerciali del Museo.
Nel 2013, a piccoli step, riuscirono a creare la prima società, firmando nel 2019 un accordo con Lamborghini.
In queste testimonianze, Matteo e Giovanni ci mostrano cos’è lo shared value, e come lo si può concretizzare in un’ottica generativa. Si parte da un bisogno sociale ancora insoddisfatto, che si realizza con un’idea imprenditoriale che raccoglie successi economici ma contribuisce anche a modellare un nuovo design del “sociale” proponendo comportamenti e scelte sostenibili, salubri, che esprimono corresponsabilità per il futuro del pianeta.
Start-up come 24bottles dimostrano la capacità di alimentare un notevole potenziale generativo e nello stesso tempo di gestire l’incontro tra design thinking e management avanzato. Il mondo dei materiali costituisce un mondo di riferimento essenziale in questa sfida: spirito artistico e creativo sostenuti da una capacità di sperimentazione tutta tecnica. Svolgono una funzione economica e socio-culturale nel sensibilizzare le persone ai grandi temi globali (la riduzione dei rifiuti, il riutilizzo dei materiali, il dispendio incosciente dell’oro blu) agganciandole con un prodotto che piace, che è utile, e che distingue.
Matteo e Giovanni spendono tanto tempo a raccontare la loro idea nelle scuole, e mentre educano le nuove generazioni, ampliano il loro potenziale mercato. Così con una bottiglia si generano e si fanno circolare “valore” e “valori” che, come direbbero Porter e Kramer, “concorrono ad avviare una nuova fase di innovazione e di crescita e forse perfino a reinventare il capitalismo”. Quel capitalismo che possiamo definire generativo.