Abbiamo voglia e bisogno di bellezza: la riscoperta dei borghi italiani è una delle dimensioni che fanno parte di questa nuova narrazione e della domanda crescente di qualità della vita.
La riqualificazione degli spazi pubblici condivisi, attraverso la trasformazione del rapporto tra centro e territori del margine da un lato e le iniziative per il ripopolamento dei piccoli borghi dall’altro, diventa dunque un tema fortemente attuale che interpella le amministrazioni locali e le stesse comunità territoriali.
In questo senso, la storia del recupero del Castello di Padernello è emblematica e meravigliosa.
Il castello, così come lo vediamo, è il portato “di numerose stratificazioni di tempi, persone e storie dalla fine del 1300”, e anche per questo rappresenta la novità di un territorio che nel tempo è stato al più memorizzato sulle mappe, quando non trascurato o dimenticato.
Oggi, per merito della Fondazione che porta il suo nome, è diventato il luogo-manifesto del Borgo rurale nascente delle Terre basse bresciane, che prima non c’era e che adesso c’è, e che si riconosce intorno al suo castello e all’imponenza dei suoi antichi volumi e alla pienezza dei suoi campi, in un processo di individuazione collettiva che negli anni ha saputo farne il primo referente di contesto territoriale nella comunità della bassa pianura bresciana.
La dedizione della Fondazione ha permesso l’azione di valorizzazione del Castello mettendo al lavoro il desiderio di un sogno e la concretezza del saper fare, un po’ come sosteneva Bruno Munari sul fatto che la creatività pensa mentre l’immaginazione vede, scorge connessioni, individua soluzioni.
Una dedizione al castello che si è trasferita nella capacità di trasformare un’idea buona in un progetto vivo capace di riaccendere, e saper mantenere, un interesse costante tra ciò che il maniero rappresenta e il luogo che lo ospita, tra la creazione monumentale e il paesaggio.
Diceva Piero Camporesi che un luogo “quanto più viene conosciuto e analizzato divenendo oggetto di dialogo, di osservazioni, di ipotesi, tanto più si acuisce l’attenzione per l’ambiente-paesaggio e per una nuova percezione dello spazio”. Il Castello, uscendo dal suo incanto, è come se avesse ridato forma e volto alla sua leggendaria pianura, ai suoi ritmi, alla sua attrazione naturale, emancipandola dal destino di restare una spaesata periferia di transito della alienante “città infinita”.
“Generare comunità” è il progetto istituente del borgo che segna la finalità e il cammino della Fondazione Padernello, che si muove dentro un movimento esemplare di libertà creativa e di crescita comunitaria, di relazioni e di scambio, esprimendo in questo il suo “amor loci”, la sua vocazione dialogica aperta in un convinto messaggio intergenerazionale.
Un progetto che per le constituencies abilitanti e partecipative della Fondazione, ne fa un esperimento che si direbbe di capacitazione contributiva sulla scia di Bernard Stiegler, un modello replicabile in altri contesti locali per generare valore condiviso.
Castello è sinonimo di bene comune accessibile e disponibile per tutti, e l’essenza del suo borgo è l’essere diventato un disegno territoriale in sé, un organismo vivo; una trama, come direbbe Salvatore Settis, “di progetti, di sguardi, di gesti, di saperi, di memorie” che è già una precondizione di senso.
La riqualificazione di Padernello richiede cura e un approccio lento e dimostra la possibilità di far lavorare – insieme e bene – pubblico e privato, profit e no profit, di avviare start-up, di fare formazione concreta sul campo.
È il tentativo di riconciliare lo spazio del luogo con le persone che lo abitano. E questo è fatto mobilitando le risorse territoriali e istituzionali locali attraverso la costruzione di una sapiente rete di alleanze e partnership che coinvolge i comuni vicini, le associazioni di categoria, la Camera di commercio, l’Università, la Regione…a dimostrazione che il cambiamento è sempre una possibilità reale.
Nel frattempo, “con un programma all’insegna della condivisione e dell’essenza dell’artigianato e della formazione d’impresa” mirata a generare nuove opportunità di professionalizzazione giovanile, il castello già ospita un centro di documentazione teatrale, una mediateca sul locale, un archivio storico e un centro studi storico-artistico.
È anche in corso il recupero produttivo della vocazione agricola e artigianale delle cascine circostanti, mentre con l’attivazione di un Laboratorio poliedrico per lo sviluppo del borgo in sinergia con i partner, si realizzeranno botteghe e scuole di mestieri, aule per alta formazione. Si avvieranno inoltre un agribirrificio, una cantina commerciale dei vini bresciani e un ristorante, oltre alla costruzione di un centro di competenza sull’economia circolare insieme a Fondazione Cogeme e Fondazione Cariplo.
I programmi di investimento e crescita per innescare nuove forme di economia locale non si fermano a tutto questo: la realizzazione di un festival, di una rete di piste ciclopedonali, l’attivazione di un hub di servizi, rappresentano altrettante leve di innovazione delle filiere tradizionali e di sviluppo di nuova imprenditoria.
Padernello è, dunque, un caso di studio perché nel suo farsi riconosce nelle persone il motore dello sviluppo; perché include bellezza, cultura, agricoltura, artigiania, provando a tenere insieme i saperi esperti e i saperi sedimentati nella comunità, e a fare tessuto con l’intelligenza collettiva di territorio per mettere in moto un processo di cambiamento culturale e di crescita comune.
Quella della Fondazione è un’esperienza di progettazione di comunità, continua e dal basso, sebbene intrecciata di rapporti inter-indipendenti con le forme territoriali e istituzionali che la sostengono e promuovono, e dove la collocazione geografica e l’opportunità di sviluppare innovazione sociale sa farsi politica e sviluppo locale.
Una comunità rimane sostenibile nel tempo solo se è in grado di rigenerarsi, di valorizzare le sue eccezioni; resiste perché sa cambiare generando il nuovo. Questa di Padernello è una scommessa vincente, non solo per l’offerta di nuova cultura e nuova economia, ma per riuscire a dimostrare l’efficacia del prendersi cura, sia del bello sia della delicatezza dell’ecosistema, che è da proteggere e governare.