Ecosmed

Tra ricerca e azione

Ecosmed nasce nel 1998 dal bisogno di creare spazi di relazione fra persone, associazioni, pezzi etici dell’economia meridionale, intere comunità ed i luoghi istituzionali dell’auto-organizzazione delle città.

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Ecos-Med Società Cooperativa Sociale

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Messina

Ecosmed | Tra ricerca e azione

Centro di ricerca-azione che ha per statuto lo scopo di produrre conoscenza finalizzata al cambiamento nell'area dello Stretto di Messina.

Scopo ultimo è promuovere sviluppo umano riconoscendo all'economia sociale una inedita centralità strategica che consenta di riformare un welfare sostenibile e comunitario, consentendo al tempo stesso il raggiungimento di importanti obiettivi in ordine alla legalità e al recupero della consapevolezza dell'importanza dei beni comuni.

Da dove nasce l'idea

È nato nel 1998 ed è organizzato in tre cluster autonomi - la fondazione Horcynus Horca, il consorzio Sole e la fondazione Pino Puglisi - i quali si occupano ciascuno di settori diversi ma profondamente intrecciati.

Ecosmed nasce dal bisogno di creare spazi di relazione fra persone, associazioni, pezzi etici dell’economia meridionale, intere comunità ed i luoghi istituzionali dell’auto-organizzazione delle città e dei territori.

“Ecosmed è un centro di ricerca-azione che opera da dieci anni sul territorio per promuovere un cambiamento e processi di trasformazione sociale. Lo ha fatto in questi anni promuovendo cluster socio-economici responsabili sul piano etico e processi di risanamento territoriale.”

Gaetano Giunta, segretario generale della Fondazione di Comunità di Messina

La Storia

Ricerca scientifica, inserimento lavorativo e lotta all'usura sono gli ambiti d'impegno "tradizionali". La sfida più recente è la costituzione di un Distretto sociale evoluto da realizzare attraverso la creazione di una nuova fondazione di comunità.

«La nostra idea non è mettere insieme una serie di cooperative che si mettono d’accordo e si specializzano. Il nostro problema è promuovere sviluppo umano, e quindi anche promuovere occasioni di lavoro con una centralità dell’economia sociale. È una cosa molto diversa. Questo significa prima far uscire dalla marginalità l’economia sociale. In questo senso abbiamo di fronte diverse sfide. Far fare l’ultimo miglio alla ricerca scientifica connettendola all’economia sociale. Un esempio: la cooperativa Astro lavora nel design, che è innovazione, ma dovrebbe secondo me cominciare a connettersi alla ricerca su nuovi materiali, su nuove tecnologie di bioarchitettura, ecc.

Dunque far uscire dalla marginalizzazione l’economia sociale e connetterla alla ricerca scientifica è la prima sfida. La seconda è passare da logica di Csr, con ottica individualistica, su cui le aziende costruiscono il marketing, a una logica di responsabilità sociale territoriale. Che solo l’economia sociale può generare. Cosa significa questo? Anzitutto far partecipare la gente e fare in modo che la gente possa esprimere i propri valori e desideri. Poi provare processi e modalità perché anche le istituzioni che ci staranno possano far convergere il loro modo di operare verso i desideri e i valori della comunità locale. È uno strumento di coesione sociale, ma anche un grosso strumento di dialogo fra non profit ed economia di mercato. La contaminazione fra tecnologia e processi per introdurre efficienza nelle nostre organizzazioni è la terza sfida. La quarta è passare da sperimentazione di nicchia a forme di egemonia culturale, nel senso gramsciano. Avere la forza di contaminare politiche locali e comunità locali. In questo senso la Fondazione di comunità è fondamentale. Infine: la sfida forse più impegnativa è passare da una cultura riparativa del sistema di welfare a una cultura “rivoluzionaria”. Spesso la risposta all’incontro con la fragilità e in generale con i fallimenti, è intesa con un approccio di tipo inclusivo nel senso riparativo. La sfida vera che abbiamo davanti è questa: ogni fallimento e ogni fragilità che incontriamo deve diventare un elemento di falsificazione del modello di società e del modello di economia nel suo complesso. Deve rimetterli in discussione più che far avviare percorsi di normalizzazione. Se si intende l’inserimento lavorativo come un modo per “riparare” una persona con dei problemi, ci si avvia al fallimento del processo di trasformazione e di cambiamento».

Gli aspetti generativi

Facilitare collegamenti, valorizzando competenze e progettualità, rende possibile la promozione della giustizia sociale e di nuovi modelli di democrazia e di economie locali sostenibili dentro piani strategici di sviluppo endogeno.

In questa prospettiva, Ecosmed vuole essere un luogo dove il disagio personale e di comunità esce dalla solitudine emarginante ed entra in relazione feconda con altre realtà, con competenze differenti e con saperi multidisciplinari per divenire possibilità concreta di partecipazione, di co-progettazione e co-programmazione, di inclusione senza omologazione, di cambiamento dei territori.
La visione di Ecosmed è dunque quella del welfare comunitario: da una parte si promuovono programmi strategici e la strutturazione sui territori di sistemi socioeconomico etici, dall’altra, attraverso progetti personalizzati, si concretizzano politiche sociali emancipatorie secondo gli assi dei diritti dell’abitare, della socializzazione, della formazione permanente, della creatività e del lavoro.

«Alcuni fattori generativi sono certi: la competenza scientifica, l'avere reti nazionali e internazionali di sostegno, confronto, dibattito e interlocuzione, che qui diventa anche tutela in qualche modo. Poi non avere mai avuto strategie di tipo individualistico. Non abbiamo mai puntato alla promozione della singola impresa, del singolo inserimento lavorativo, ma ad avere una visione di sistema. Abbiamo sempre proposto cluster socio-economici. Insomma la logica di sistema, di cluster. Lavorare dentro una visione strategica chiara. Infine la fortissima motivazione: il gruppo ha saputo resistere a momenti di grandissima difficoltà nella fase iniziale e intermedia».

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