Farm Cultural Park

Rigenerazioni

Farm Cultural Park è un ambizioso progetto di riqualificazione urbanistica, ma più ampiamente di cambiamento socio-culturale, che prende avvio a Favara, in provincia di Agrigento.

Condividi:

Farm Cultural Park

Istituzione

Favara, Agrigento

www.farmculturalpark.com/

Farm Cultural Park | Rigenerazioni

Farm Cultural Park è un segno tangibile di una Sicilia (e forse di un Paese) che vuole cambiare a partire da fatti concreti. Un’occasione per trasformare un centro urbano degradato in un centro culturale aperto e accessibile. Un atto di amore verso i propri e gli altrui figli, consegnando loro “un piccolo pezzo di mondo migliore, magari migliore di quello che abbiamo ereditato noi”.


È questo il senso del progetto lento di Andrea Bartoli e di Florinda Saieva: dare nuova vita a un territorio rassegnato alla marginalità. La dimostrazione che se non tutto, molto si può fare attraverso la passione autentica e la bellezza.

Da dove nasce l'idea

Andrea, notaio con passione da collezionista e Florinda, avvocato cresciuta con un padre costruttore edile, danno vita ad un mix che coniuga arte e recupero urbano all’insegna della creatività. La loro grande intuizione sta nell’aver capito le potenzialità del centro storico di Favara.

Farm Cultural Park nasce da un’iniziativa dei coniugi Andrea Bartoli e Florinda Saieva. Andrea e Florinda sono due liberi professionisti siciliani per i quali, ad un certo punto della loro vita, si apre la possibilità di trasferirsi a Parigi. Di fronte al bivio tra partire o restare, i due, con il pensiero rivolto alle due figlie e alle future generazioni, decidono di scommettere tutto sulla rigenerazione della propria terra e incominciano ad investire le proprie risorse economiche, le proprie capacità e competenze, le proprie relazioni per provare a invertire la traiettoria negativa di marginalizzazione e di ritardo strutturale in cui versa da decenni la cittadina di Favara. L’iniziativa, puntuale ma potentissima, si concretizza anzitutto nel rilancio di una porzione di centro storico, un’area particolarmente degradata della città, che costituisce una piccola unità urbanistica formata da cinque cortili interconnessi.

“La cultura diventa uno strumento per cambiare un territorio. C’è stata quella visione immediata di capire che questo luogo mortificato, abbandonato, dimenticato potesse diventare un piccolo polo di attrazione culturale e di trasformazione sociale.”

Andrea Bartoli, Fondatore Farm Cultural Park

La Storia

Andrea e Florinda si sono messi in gioco con l’idea che l’arte sia un volano di sviluppo economico. Hanno investito in un luogo disastrato per recuperarlo in modo sostenibile puntando sull’immediatezza di interventi a basso costo e su concetti quali: architettura a bassa definizione, agricoltura urbana, innovazione sociale, investimento sull’infanzia.

Contesto complicato, prigioniero di tante inerzie e rappresentazioni sociali negative, Favara è, al tempo della nascita di Farm Cultural Park, un paese bloccato. L’intervento di Andrea e Florinda si rivela fin da subito dirompente e contagioso. In pochissimi anni prende avvio un percorso trasformativo visibile non solo nella ristrutturazione e rivitalizzazione dei cortili, ma soprattutto nella grande mobilitazione – a livello locale, nazionale e internazionale – di risorse economiche, professionali ed umane che si coagulano per avviare cambiamento più ampio che investe tutto il paese di Favara e non solo.
Oggi, accanto ai cinque cortili di Cultural Farm divenuti spazio espositivo ed espressivo, luogo di incontro e di incubazione per innovatori e creativi, giardino urbano per coltivare reti di socialità e collaborazione, altri palazzi sono divenuti oggetto di riqualificazione e di rilancio da parte di cittadini favaresi e di stranieri che in Favara intravedono una finestra di possibilità, umana e sociale. Il mercato immobiliare si muove e un nuovo fermento, un nuovo desiderio di fare e di intraprendere percorre le vie di Favara. L’iniziativa di Andrea e Florinda ha attivato un movimento virtuoso: la comunicazione sulla Farm, sulle sue attività e obiettivi si fa virale, l’interesse cresce, i progetti si moltiplicano.
Favara ritorna ad essere polo attrattivo sia per turisti in cerca di proposte culturali ed artistiche di qualità sia per i giovani del territorio mossi da un nuovo desiderio di riscatto e di intrapresa.
La Farm polarizza l’attenzione degli ambienti artistici e culturali a livello internazionale: compare su siti prestigiosi e nella famosissima guida Lonely Planet come una delle più interessanti sedi espositive di arte moderna.
Il percorso di Farm Cultural Park è ancora aperto. Tante le sfide. La prima fra tutte è probabilmente quella della sostenibilità economica, sebbene le premesse siano tutte a favore di questo pool di professionisti, artisti e creativi che, a titolo assolutamente volontario, non si risparmiano nel combinare immaginazione e concretezza. Andrea e Florinda hanno fatto e continuano a fare generosamente la loro parte; la rete di conoscenze e di relazioni costruita in questi anni a livello internazionale è ampia e robusta e consente di superare i cul-de-sac del locale apportando risorse private. Il coraggio progettuale e le competenze multiple sorrette da una visione potente consentono di accedere a bandi importanti. Le abilità comunicative e la vivacità sui social attiva forme plurime di fundraising e di sharing.

Gli aspetti generativi

La Farm racconta di un mondo interconnesso e globale che, al di là di ogni diversità, si riscopre affamato di senso, relazioni e bellezza.

La Farm è uno spazio umano innervato da una contaminazione continua tra desideri multiformi di vita bella e buona – gli anziani favaresi che i cinque cortili li abitano, le migliaia di turisti che la attraversano e ne assaggiano l’entusiasmante propulsività, l’incessante apporto di artisti locali e stranieri che ne arricchiscono le pareti e le sale e la riempiono di colori ed idee. Per questo la Farm dice molto di più dei suoi stessi muri: è uno spazio simbolico in cui si sperimentano incroci inediti e ragionare su forme di vita e di produzione più evolute, libera da forme stantie quando non vischiose di sussidiarietà. E’ una ricerca faticosa ma promettente, tra l’altro sempre più condivisa da molte realtà, oggi, esperienze che, togliendosi la tanta polvere dai calzari, stanno sperimentando modelli di sviluppo centrati sulla bellezza e un nuovo produrre.
Ma da dove nasce tutta questa energia? Andrea, sintetizzando all’estremo, afferma: occorre decidere per cosa si vuole vivere. Perché la felicità – a differenza di quanto ci è stato sottilmente trasmesso – non si raggiunge perseguendo ciascuno la propria privatissima autorealizzazione attorniandosi di cose, ma realizzare – ovvero mettere al mondo e prendersi cura – di qualcosa di bello e di buono, con altri, per altri. Ed in questo processo di continua rigenerazione – vitale, creativo, aggregativo, propulsivo – lasciare le cose un po’ migliori di quello che abbiamo trovato.
Per far non far morire una Storia.
Per riaprire la Storia.

Gallery