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Impresa, arte, sostenibilità

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Progettare vuol dire gettare avantiI sette cortili di Favara – ora scuola, ora museo, ora albergo – dentro i meandri di una casba nella cittadina siciliana vicino ad Agrigento sono piccoli palazzi di matrice araba che si trasformano in luoghi di cultura e d’innovazione.

È questo il senso del progetto lento di Andrea Bartoli e di Florinda Saieva: quello di dare nuova vita a un territorio rassegnato alla marginalità. La dimostrazione che se non tutto, molto si può fare attraverso la passione autentica e la bellezza.

Ora che la crisi si è insediata al centro delle economie dell’Occidente ed ha distillato molti dei suoi veleni è di stringente attualità ragionare su come uscirne, su come riprendere in mano le sorti dell’economia reale. Uscirne, però, non significa ripercorrere le solite strade, ma inventare nuovi paradigmi, imparare nuove/vecchie culture.

Marco Zanuso, il grande architetto e designer, diceva sempre che progettare vuol dire gettare avanti. La politica dovrebbe servire a questo. La politica dovrebbe essere l’anima e il motore del progetto ma non lo è, o fa fatica ad esserlo. Per questo dobbiamo farlo noi tutti. È questo un momento in cui diventa molto importante chiudere l’insopportabile distonia tra la conversazione sul futuro e la mediocrità del presente. Un periodo in cui l’azione costante e determinata dei singoli e dei gruppi conta in modo significativo ed è l’unica cosa che valga davvero la pena di fare.

La bellezza prima di tutto, e la centralità del produrre

La bellezza del fare quale che sia il suo uso e la straordinaria passione che i nostri artigiani e operai (le maestranze) hanno sempre messo nel produrre oggetti quotidiani o la passione nel “servire” clienti intelligenti e colti dovrebbero farci da guida. Una volontà che dovrebbe tornare ad essere una “prerogativa onorevole” per i nostri giovani disoccupati.

Così come l’arte come percorso di ricerca dell’assoluto che affianca i prodotti e le attività umane e le costringe a volgere lo sguardo in alto sopra la dimensione ordinaria dell’uomo e del suo agire. Tutte queste cose e il modo in cui s’inseminano a vicenda sono l’essenza forte di una nuova modernità.

Lasciamo la decrescita agli incubi e torniamo a parlare di sogni.

Abbiamo la fortuna di poter ripartire da un fuoco che non si è mai spento. Nei nostri territori la passione per il “fatto ad arte” non si è mai spenta e anche nei secoli più bui per il nostro Paese, quando l’Italia boccheggiava ai margini del sistema industriale, ha continuato ad esistere come un talento che covava sotto la cenere. Arte del prodotto e del territorio che si è rinnovata con grande potenza espressiva nel secondo dopoguerra con la fioritura dell’impresa e in essa, con il boom della moda, del design e del buon cibo. Un fenomeno che ha toccato in modo significativo molte regioni e distretti.

Se si considerano le sue aziende, molte e talentuose, alcune davvero eccellenti, industriali, artigiane e agricole, l’Italia è un territorio dove l’economia della bellezza continua ad abitare. Il tema di cui vogliamo occuparci è come darle una “nuova casa” e trovare per mezzo di essa nuovi percorsi.

Il rifiuto della sussidiarietàSono molti gli insegnamenti che vengono dal cortile Bentivegna a Favara, così come dalla cascina Cuccagna a Milano, da casa Bossi a Novara e dal castello di Padernello nella pianura di Brescia. Quel che unisce queste esperienze è il rifiuto della sussidiarietà. Parola brutta e vecchia “sussidiarietà” che sta ormai a dire non più la caratteristica di qualità degli enti intermedi chiamati ad esercitare le loro prerogative ma, troppo spesso, la dipendenza dagli Enti Pubblici e dalle pubbliche elargizioni.

Ora è venuto il momento di fare di necessità virtù e di impostare il lavoro di questi nuovi soggetti come se fosse “un piano di produzione”. Il fatto che tutte queste realtà tentino la strada di un’offerta polivalente dice che le esperienze che vogliono o provano a staccarsi dal metodo della elargizione pubblica stanno tentando strade diverse e innovative: chi in associazione con i maker e le nuove macchine, chi in rapporto con l’arte e il suo variegato circuito di commercio, chi con la vendita dei prodotti eccellenti della terra, chi con lo studio e la formazione o una varante alchemica di tutte queste cose.

Questa è la ragione dell’incontro nazionale in programma il 9 Ottobre 2015 a Novara, a Casa Bossi, nella magica cornice del più bel palazzo neoclassico d’Italia. I palazzi e le ville in cerca d’autore incontreranno i creativi e i nuovi produttori in cerca di palazzi per produrre nel bello. E le storie si mischieranno, nel tentativo di costruire dal basso una nuova economia della bellezza.