Eataly

Eat, pray, love. Una strategia per le imprese globali

Eataly è mangiare italiano, vivere italiano. L’obiettivo è dimostrare che l'alta qualità dell'enogastronomia italiana è alla portata di tutti.

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Eataly

Impresa

Roma

www.eataly.net/it_it/

Eataly | Eat, pray, love. Una strategia per le imprese globali

Eataly rappresenta l’icona del made in Italy di successo, politically correct, sobrio e sostenibile, una visione positiva in un momento condizionato da messaggi esclusivamente negativi.

La mission di Eataly è dimostrare come i prodotti di alta qualità possano essere a disposizione di tutti, facilmente reperibili e a prezzi sostenibili. Eataly vuole inoltre comunicare i volti, i metodi produttivi e la storia delle persone e delle aziende che fanno gli 'alti cibi' che costituiscono il meglio dell'enogastronomia italiana.

Da dove nasce l'idea

Il marchio Eataly nasce riunendo un gruppo di piccole aziende che lavorano nei diversi settori dell’enogastronomia.

Fin dalla sua nascita, con l'apertura nel 2007 del primo punto vendita a Torino, Eataly ha proposto il meglio delle produzioni artigianali a prezzi ragionevoli grazie alla creazione di un rapporto diretto fra produttore e distributore, e ispirandosi a parole chiave come sostenibilità, responsabilità e condivisione.

“L’idea del cibo parte da un concetto di semplicità. Il nostro valore aggiunto è una grande biodiversità che cerchiamo di raccontare.”

Niccolò Farinetti, Amministratore delegato Eataly

La Storia

Eataly: un’idea progettuale, un marchio, una filiera, un certificatore di qualità, una rete di punti vendita e molto altro ancora, che, oltre ad investire in Italia si è posto con successo come ponte per l’esportazione in altri paesi di prodotti italiani di alta qualità dell’area food and beverage, dal Giappone agli States.

Eataly è un esempio chiaro di smart specialization. Il futuro nella competizione internazionale per le aziende italiane si concentra in una delle 4 A del Made in Italy (alimentare, arredamento, automazione e abbigliamento), dove esiste un vantaggio di unicità, dove le risorse e competenze concorrono naturalmente a generare un vantaggio unico e in parte difficile da “imitare”. Pensare al cibo e subito dopo all’Italia è quasi naturale: comprare prodotti alimentari di origine italiana, anche per chi vive all’estero, è più usuale che non scegliere prodotti di altri provenienze.

Qualità, prodotto e tradizione sono le caratteristiche distintive di questo business: un set unico, una alchimia sul mercato irripetibile. Mantenere e proteggere questa alchimia significa naturalmente rafforzarla.

I prodotti di Eataly – ma potremmo dire lo stesso di ogni prodotto italiano che si distingue – sono particolari, ben fatti, e hanno sempre una storia da raccontare. In un mondo che si sviluppa intorno a etichette e certificazioni, la garanzia e le storie personali hanno ancora un valore riconosciuto dal mercato.

Questo brevemente è il tratto “locale” di Eataly, la dimensione artigianale che lo caratterizza e lo distingue. Ma ovviamente se fosse solo questo non andremmo oltre un mercato di prossimità, un “kilometro zero” di fatto e di sostanza, importante, fondamentale ma di piccolo impatto, a beneficio solo di chi ci vive e di chi arriva, in maniera saltuaria, a visitarlo. Una risposta locale, elitaria ma di bassa rilevanza economica a fronte di una globalizzazione che nei suoi processi totalizzanti lascia solo interstizi a piccoli player che cercano di distinguersi con esiti non sempre efficaci.

Il tratto global di Eataly è in questo senso di pari importanza, un grande apprendimento collettivo. 

In primo luogo Eataly è completamente integrato. Nella sostanza controlla il mercato di sbocco. Eataly rappresenta per l’alimentare il presidio e il terminale sul mercato. Aziende molto piccole che non hanno la forza autonoma di essere presenti nel mercato globale in maniera sistemica hanno la possibilità di essere presenti insieme, di mettere insieme una gamma invidiabile dove tante eccellenze singole diventano una offerta complessiva di qualità e di interesse per mercati, sempre più vasti e dove la ampiezza e la capillarità diventa fattore critico di successo. Senza Eataly la maggior parte di queste imprese non avrebbero avuto la forza, finanziaria, organizzativa e in parte cognitiva di affrontare il mercato globale, restando ancorate alle bizze e alla ciclicità del mercato locale. Una impresa guida, un pivot che fa da reputazione, garanzia e da ombrello di una numerosa popolazione di imprese che può: rimanere piccola, mantenere il presidio sulla qualità, unire famiglia e management in una formula originale. Un esempio di rete di impresa, più o meno formalizzata, in cui l’unione moltiplica e non divide.

In secondo luogo la supply chain. Per policy Eataly vende solo “Made in Italy”. Insomma, si può produrre in Italia e avere successo nel mondo. Esiste una cultura del fare, “manifatturiera”, di valore che può avere successo senza bisogno di servire solo il mercato dei consumatori “ricchi”. Molte persone nel mondo apprezzano la qualità e non ha senso non servirli, solo perché le logiche della distribuzione e del posizionamento la rendono inaccessibile. Anche in questo caso, quindi, agganciare la supply chain, conoscerne le regole e distinguersi è una scommessa possibile, non facile ma possibile, basta avere “i giusti capofila”, in forma individuale o in forma aggregata. 

Infine, una strategia di internazionalizzazione razionale. La logica di espansione nei mercati è chiara: essere forti nel mercato domestico, aggredire i mercati prossimi, per geografia e affinità culturale, investire selettivamente nei mercati lontani. E’ una logica incrementale, sostenibile organizzativamente e finanziariamente, che osa e non sta ferma, ma resta prudente, come una buona azienda di famiglia. Anche in questo caso grandi piccole indicazioni per le nostre aziende.

Gli aspetti generativi

Vivere con stile, valorizzare le relazioni, contagiare con la passione.

Richiamando il film di Ryan Murphy (tratto dal romanzo omonimo di Elizabeth Gilbert) Eat Pray Love, il titolo appare suggerire proprio questo: un abbozzo di strategia delle imprese glocali che rileggiamo controluce nell’esperienza di Eataly

Il verbo mangiare sottolinea la profonda fiducia che deve contraddistinguere ciò che si offre sul mercato globale. Non si mangia forse ciò che si reputa buono, che fa bene, che è sano? Questo per ricordare che ciò che produciamo e esportiamo deve essere eccellente. Non a caso quelli di Eataly parlano di “cibi alti”. Il sistema Italia dovrebbe garantire proprio questo: la qualità.

Il pregare rimanda alla capacità di entrare in relazione e di sostare nella relazione. Significa riconoscere, prendersi cura di qualcosa o di qualcuno. Si entra in relazione con un prodotto, certamente, ma anche con il suo produttore, con il territorio da cui ha origine, con le materie prime che lo compongono. Pregare è il packaging che protegge il prodotto, lo distingue e ne racconta le caratteristiche le unicità. Pregare è però anche la disponibilità a mettersi in gioco con altri, a collaborazione perché quella filiera si componga e resista. La nostra struttura d’impresa fatta di piccole piccolissime imprese fatica a pensarsi globale a meno di costruire nuove alleanze e nuove piattaforme condivise, come quella di Eataly.

E infine c’è l’amare che ci rimanda alla passione incorporata nel prodotto, al gusto del fare che diventa “sapore” nel vino e nella pasta. E qui apriremmo un altro capitolo su come mantenere non solo in vita, attaccata al polmone di acciaio, in una dimensione quasi museale e conservativa, ma vitale, generosa, generativa, innovativa questa capacità di appassionarsi e tradurre la passione in cose belle, buone, sane e giuste.

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