Un gruppo di economisti, sociologi, demografi suggerisce di imitare il modello orientale per individuare le persone contagiate, ma asintomatiche: “Uno studio della rivista Science stima che l’86% dei casi non ha problemi evidenti di salute; ma questi portano la malattia al 79% dei malati accertati”.

DI fronte alla drammatica emergenza del Coronavirus il nostro Paese, come quasi sempre accade in momenti estremi, sta dando prova di civiltà e di grande solidarietà. Molte ragazze e ragazzi si sono fermati per tutelare la salute dei più anziani, il cui rischio di mortalità per il virus è molto più elevato. I canti e le bandiere sui balconi testimoniano che in momenti terribili scopriamo di avere energie e risorse inaspettate. Il personale sanitario nelle regioni più colpite, Lombardia in testa ha dato prova di piena disponibilità, spesso di eroismo.

Ma non solo loro: i lavoratori nelle fabbriche, gli insegnanti che con gli strumenti che la tecnologia ci offre continuano a tenere vivo il rapporto con i propri studenti. Sono prove generali di cambiamento e di un’umanità migliore.

Ma in questi giorni in cui ci domandiamo quando la quarantena potrà finire è necessario capire come organizzare la “fase di transizione” al fine di produrre la migliore exit strategy, mettendo le basi di una vera ripartenza del nostro Paese. Come contributo al dibattito di questi giorni e ai dilemmi della politica ci permettiamo, da non addetti ai lavori di questioni mediche, di mettere in campo un’ipotesi.

I dati comparati a livello internazionale sulla diffusione dell’epidemia, a partire dal primo giorno della crisi, ci segnalano il caso interessante della Corea del Sud, dove la curva del contagio è rapidamente declinata e il numero dei decessi crollato. Il Paese è passato dai 909 nuovi contagi del 29 febbraio ai 74 del 16 marzo.

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