“Siamo sospesi fra gli anni Venti e gli anni Cinquanta del secolo scorso, possiamo finire vittime della degenerazione di una crisi irrisolta oppure possiamo rigenerare condizioni per cui da un grande male nasce un grande bene”. Mauro Magatti, sociologo dell’Università Cattolica, è stato protagonista della terza giornata del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa. Dallo storico palazzo della Gran Guardia di Verona, con l’usuale sostegno di Cattolica Assicurazioni  e in particolare di Fondazione Cattolica, la decima edizione del Festival si conclude oggi dopo una quattro giorni in rete digitale fra 24 città italiane sotto il titolo “Memoria del futuro”.

“Dobbiamo collocare la pandemia in un percorso storico in cui le crisi sanitarie sono tutt’altro che estemporanee”, ha premesso Magatti, rammentando che il Covid ha provocato il terzo choc globale in meno di vent’anni in apertura del ventunesimo secolo (dopo l’11 Settembre 2001 e la crisi finanziaria deflagrata nel 2008). Un atteggiamento razionale e responsabile ci chiede oggi di moltiplicare l’attenzione verso la prevenzione di nuovi scossoni: continuando ad avere come riferimento il modello socioeconomico e geopolitico della globalizzazione affermatosi nello scorcio finale del secolo scorso.

“È un modello che ha mostrato profili potenti – ha notato il sociologo – ma anche la tendenza all’entropia: all’alta esposizione al rischio di choc e alla tendenza a distruggere, a creare diseguaglianze, a produrre “scarti umani” in numero inaccettabile”. Come ha notato Papa Francesco in tutti i suoi documenti pastorali, l’umanità sul pianeta Terra è a un bivio e il ripensamento non può essere soltanto tecnico. “Come ha spiegato già un secolo fa Max Weber, l’economia non è una macchina: è invece un fenomeno di prima importanza dell’evoluzione culturale dell’uomo”.

È da qui che bisogna ripartire, ha sollecitato Magatti, indicando nell’accelerazione dell’Europa (fra Next Generation e Recovery Plan) un segnale rilevante. “Digitalizzazione e sostenibilità – delineate dalla Commissione von der Leyen – appaiono guidelines strategiche corrette”. La prima punta alla costruzione di un ambiente tecnologico nuovo, complesso, integrato: nel quale la diffusione di nuove competenze è destinata a fondersi con un deciso ammodernamento infrastrutturale di tutti i sistemi-Paese. La sostenibilità appare invece tout court disegnata dal magistero di Francesco, sia sul versante di un’economia centrata sul lavoro sia sul rispetto per l’ambiente come matrice culturale unificante.

Le sfide – particolarmente sentite dalla dottrina sociale della Chiesa oggi – appaiono comunque tre. “L’epidemia ha mandato in crisi la cura per le persone, l’attenzione per l’umano – ha osservato Magatti. L’effetto-contagio non ha però operato solo in negativo: ha teso ad allontanare le persone ma contemporaneamente le ha spinte a prendersi cura l’una dell’altra in circostanze eccezionali. È un’occasione importante, da tenere viva”.

Un secondo momento qualificante di una exit dalla pandemia possibile e auspicabile riguarda le relazioni strutturate fra le persone. “È chiaro che nessuna città sarà più quella di prima: la vita in un singolo quartiere sta già cambiando. È evidente che in nessun ambito macro o micro potrà mantenersi la monocultura egemone della crescita quantitativa, illimitata, essenzialmente individuale. Anche il cosiddetto “desiderio post-ideologico” è destinato a essere superato: la tecnoeconomia rimane uno strumento, ma è una nuova cultura a doversi costruire”.

Terzo e non ultima dimensione di “memoria del futuro” è la ricerca di un nuovo “senso”. “La risorsa strategica della ricostruzione è la speranza, da non confondere con il semplice ottimismo”, ha sottolineato Magatti. “Esattamente come ha fallito un modello di impresa basato soltanto sulla ricerca del profitto, una società della speranza si fonda sulla capacità di trasfigurare la memoria nel futuro, di vita ancora irrealizzata, di tensione verso una pienezza di umanità attraverso la capacità e la volontà di fare e di amare”.