Lo abbiamo chiesto a Milena Mele,  vicepresidente di Happy Network, una rete di 14 imprese con sede a Gioia del Colle che coinvolge 140 collaboratori ed entrato lo scorso anno a far parte dell’Alleanza per la generatività sociale.

Milena ci ha risposto con una lettera che volentieri pubblichiamo.

Carissimi,

che periodo strano. Ogni mattina mi sveglio e mi chiedo se quel che stiamo vivendo sia reale.

Noi stiamo reagendo con la positività che ci contraddistingue e sinceramente la forza del nostro modello si sta avvertendo forte. Già dal 9 siamo in regime di smart working tutti e 70. Tutti i collaboratori si stanno impegnando al massimo con determinazione e positività. Ogni giorno tutte le aziende si assegnano degli obiettivi tecnici e commerciali e a fine giornata c’è il check. Sicuramente il fatto di lavorare con la tecnologia ci ha agevolato tantissimo. Una volta a settimana facciamo una video call con le prime linee tecniche e commerciali di tutte le aziende in Rete e ognuno racconta l’andamento della settimana. 
La cosa più bella è che abbiamo mantenuto positività, anche in questo momento così incerto, anche con la consapevolezza che arriveranno momenti duri.

Ogni giorno mando un saluto alle “mie” persone via e-mail e in questo modo mantengo un contatto sincero con loro. Molti di loro mi rispondono, mi ringraziano e mi danno coraggio.

Anche mio fratello ha mandato un’e-mail in cui manifesta la sua fragilità e la forza che viene invece fuori dalla nostra unione.

Infine la cosa tanto bella è che oggi, su input di un collaboratore abbiamo realizzato un video che con i nostri volti mette in Rete il nostro motto Vita Tua Vita Mea, molto, molto, molto attuale in questo momento. Alla realizzazione del video hanno contribuito, spontaneamente e con tanto entusiasmo, una 50ina delle nostre persone, non solo di Bari, anche di Ragusa e Roma. Questo il link: https://www.facebook.com/watch/?v=654757688616664

Questo il mio racconto della prima settimana.

Con affetto

Milena

 

“Venerdì a quest’ora uscivo dall’ufficio e avevo appena mandato il mio classico “Cari tutti” con cui davo delle indicazioni da rispettare data la situazione Coronavirus. Tuttavia avevo una brutta sensazione, “un timore” (come dice mio fratello). Vabbè, la serata procede tranquilla. Una chiacchiera con un’amica e dopo una pizza, a casa, in semplicità, quella che mi piace tanto. Il sabato mattina ci svegliamo presto, abbiamo un appuntamento. Appena entro in macchina arriva una notizia:  Angelo se ne è andato. Senza accorgermene, le lacrime mi rigano il viso. Arriviamo a Trani, all’appuntamento, in silenzio, solo con le lacrime a farci compagnia. Si rientra a casa, abbiamo un pranzo in famiglia. L’umore non mi accompagna, e purtroppo le notizie sul Coronavirus si rincorrono veloci, troppo veloci. La brutta sensazione aumenta, le mie antenne di allerta sono accesissime. Inizio a sentirmi forte la responsabilità della 70ina di colleghi addosso. Inizia il confronto serrato con mio fratello Gaetano, Leo Campanella, Marisa Caponio. Dobbiamo intervenire per tempo, non possiamo trovarci impreparati. “Imponiamo”- e chi ci conosce sa perfettamente che non è uno dei nostri verbi – il lavoro da remoto a tutti. È il mood di tutto il week-end. Cercare di attrezzarsi per essere operativi da lunedì a casa, far capire a tutti la necessità di farlo, gestire da un lato lo scetticismo di alcuni, dall’altro l’allarmismo di altri. Ci riusciamo, da lunedì l’ufficio è un ufficio virtuale. Ci sono solo alcune persone che per limiti tecnici, dipendenti da altri, non riescono a lavorare da casa, si tratta di 3 persone su 70. Inizia la quarantena. Inizia il “e mo che succederà?”. La paura. La forza di reagire alla paura. Mi rendo conto che dobbiamo agire giorno per giorno, con lucidità e intelligenza. Tuttavia mi rendo anche conto che mi mancano i volti delle “mie” persone. E non uso mie come aggettivo possessivo, ma come aggettivo affettivo. Gli sguardi, i piccoli momenti quotidiani, le battute, i sorrisi, il calore umano. Immagino che per nessuno deve essere facile, ognuno lì a cercare il suo equilibrio in questa situazione precaria. E allora mi viene l’idea. Da martedì inizio a mandare ogni giorno un saluto, il mio consueto “Cari tutti” si trasforma. Ogni giorno condivido con tutti i miei collaboratori un piccolo “pezzo di me”, una citazione raccolta da libri che ho veramente letto e un’opera d’arte che mi piace, una canzone della mia vita. Senza pretese, solo con il gusto di condividere. Le risposte dei miei colleghi mi hanno scaldato il cuore, un po’ di quel calore umano che non possiamo avere. La quarantena continua e io, giorno per giorno, mi sto impegnando al massimo per costruire il mio ruolo di HR. Certamente un ruolo di responsabilità, un ruolo che a volte impone fermezza. Un ruolo che richiede di attenersi a un semplice principio: vita tua, vita mea. Verranno tempi duri, questo ormai è sicuro. Io, però, posso affermare con altrettanta certezza che quello che mio padre, prima, mio fratello, Mario, Leo e Marisa, poi, hanno costruito è un fiore nel deserto e io ho il compito di prendermene cura. Chi mi dà questa certezza? L’impegno e la sensibilità di tutti i miei colleghi, cui dedico queste parole e il mio sentito grazie.”