Per capire il lavoro svolto dalla FARM e il suo valore bisogna partire 1) dal contesto storico generale e dal dire senza pietà come stanno le cose a Favara e 2) da quei crolli con morti che nel 2010 hanno segnato in modo tragico il recente passato del centro storico. Un paese a pezzi, un punto di non ritorno, ma anche un moto che scatta nell’animo di qualcuno.
Sfascio
Favara si trova in una posizione geografica invidiabile, con vista sul mare Mediterraneo e a due passi dal sito Unesco della Valle dei Templi. Ha una storia piena di eventi che risalgono alla notte dei tempi, luogo emblematico che ha ospitato insediamenti preistorici, greci, arabi, svevi, chiaramontani, francesi, spagnoli alternando grandi ricchezze ed enormi povertà. Luogo dove grazie allo sviluppo dell’industria mineraria dello zolfo e ad una agricoltura fiorente, a fine ottocento, si arriva a raddoppiare la popolazione urbana con circa 20.000 abitanti (oggi circa 33.000). A Favara, in quegli anni, si registra la presenza di principi, marchesi, baroni e la nascita di una vera borghesia urbana. Il lascito più evidente di quel periodo è il centro storico, punteggiato da palazzi nobiliari che hanno conosciuto tempi migliori.
Oggi, arrivare a Favara rappresenta un’esperienza forte: si percepisce immediatamente la violenza di un un corpo urbano diventato rovina ancora prima di aver vissuto una sua propria esistenza. A partire dagli anni ’70 si è svuotato il centro e costruito in periferia sognando una crescita demografica ed economica mai avvenuta. Centinaia di costruzioni non finite, lasciate in stato di abbandono: mancano marciapiedi, aiuole, parchi, scuole, palestre, piazze.Ma attenzione, non si tratta di un caso isolato: Favara è rappresentazione di quel Mezzogiorno a briglie sciolte e selvaggio dove si è costruito senza una visione.
Essa è la quintessenza dello scempio urbano dove anche le più basilari regole della convivenza civile propria di una comunità solidale sono state infrante a ripetizione. Ognuno ha potuto fare ciò che ha voluto senza incorrere in nessuna sanzione. Qui si fa esperienza diretta della sconfitta della stato italiano dal dopoguerra ad oggi, della sua incapacità di organizzare, gestire ed incidere positivamente sul suo stesso territorio.Va detto che Favara non è sempre stata la campionessa del peggio.
Il centro storico —testimonianza di un passato dinamico e vitale è depositario dell’eredità di uomini illustri —gli Amendola, gli Ambrosini, i Guarino, i Russello— che hanno contribuito allo sviluppato del paese e a formarne l’identità. Poi sono arrivati speculazione edilizia pluridecennale e mancanza di classi politiche con una visione di futuro.
Chi governa deve avere a cuore “massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. Questo si legge nella traduzione in lingua volgare —perché tutti la comprendessero— del “Costituto di Siena” del 1309, in quell’epoca nella quale i comuni uscivano dal medioevo e inventavano la modernità. Il governo senese di quel periodo perseguiva il bene della collettività, la condivisione e la trasparenza.
Miracolo
A Favara, il punto più basso si tocca con la morte delle sorelline Bellavia, schiacciate dal crollo del 2010. Da li segue un periodo di abbattimenti preventivi che sventrano ulteriormente il centro storico e raccontano di una Favara sulla quale si era pronti a mettere una pietra tombale.
Finché Andrea Bartoli e Florinda Saieva decidono di mettere in atto un piano che si sta rivelando più grande di quanto probabilmente loro stessi avrebbero mai potuto immaginare. La loro azione si può sintetizzare in una frase: “Quando tutto ormai è perso, non resta che l’arte”.
Andrea, notaio con passione da collezionista e Florinda, avvocato cresciuta con un padre costruttore edile, danno vita ad un mix che coniuga arte e recupero urbano all’insegna della creatività. Si tratta di un modo di fare impresa atipico e proprio per questo vincente.La loro grande intuizione sta nell’aver capito le potenzialità del centro storico di Favara. La coppia di professionisti non vuole riportare il passato nel centro storico —e quindi soltanto i suoi vecchi abitanti— ma nuova energia, soprattutto giovani e forestieri interessati al progetto FARM.
Si sono messi in gioco in prima persona con i propri mezzi economici ma soprattutto con l’idea che l’arte sia un volano di sviluppo economico. A loro va il merito di aver voluto investire in un luogo disastrato, recuperarlo in modo sostenibile puntando sull’immediatezza di interventi a basso costo e su concetti quali: architettura a bassa definizione, agricoltura urbana, innovazione sociale, investimento sull’infanzia. Prima Favara non compariva su nessuna destinazione turistica, ma provate ad aprire oggi la “Lonely Planet” o a leggere “Il Sole 24 Ore” o il “Guardian” e vedere cosa scrivono della FARM e provate a camminare per il centro del paese e vedere quanti stranieri e viaggiatori vi si incontrano.
Grazie all’azione della FARM l’economia locale sta sperimentando nuovi modelli di sviluppo: apertura di B&B e di hotel con effetti diretti sull’indotto (i posti letto sono passati da zero a 150 nel giro di 5 anni) e sono destinati ad aumentare). La centrale piazza Cavour —sulla quale si affacciano diversi palazzi nobiliari, il palazzo del comune e il Castello di Chiaramonte— è in continuo fermento dovuto all’apertura di luoghi di ristorazione di qualità. Essi ripropongono piatti tradizionali e nuove proposte culinarie all’insegna del bio e offrono una programmazione di eventi che prova ad essere continuativa e strutturata in modo indipendente.
Il risultato è che il numero di imprenditori locali sollecitati da questi esempi positivi aumenta e porta ad investire nel centro storico di Favara, migliorandone le condizioni.Fra le varie iniziative vanno anche ricordate: la fondazione di FARMIDABILE, cooperativa presieduta da Antonio Liotta (medico, poeta ed editore) che si occupa di medicina sociale e di azioni di ammodernamento dell’offerta abitativa; la riapertura dopo decenni di abbandono di Palazzo Cafisi — un edificio storico con una spazialità molto articolata dove le famiglie Lipari e Costanza ospitano eventi musicali, artistici e le attività dell’ADI-Associazione del Design Italiano (Gianni Di Matteo); l’estensione dell’Hotel Belmonte di Antonio Alba; gli interventi di recupero urbano prossimi alla piazza del Carmine portati avanti dall’architetto Lillo Giglia.La FARM produce anche un effetto intangibile su Favara come la speranza: le moltitudini di persone che sono già passate da qui provenienti da ogni angolo del globo, ripartite con la gioia negli occhi e nuovi amici sono motivo di orgoglio per i favaresi, come lo sarebbero per ogni altra comunità.
Lo scrivevo in apertura “Chi governa deve avere a cuore “massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. Favara ha nella FARM il centro di questa riverberazione che ne sta sconvolgendo le dinamiche usuali e ne sta coinvolgendo gli abitanti nel cambiamento. Per consolidare questo rilancio economico la FARM sta puntando sugli scambi sociali e l’interazione di diversi attori. E’ a partire dal rafforzamento dell’autonomia locale dei residenti che vi potrà essere una rivitalizzazione sostenibile.
Domani
In questi anni ho avuto modo di contribuire con LAPS Architecture (studio che dirigo insieme a Fabienne Louyot con base a Parigi) alla crescita e sviluppo del progetto FARM. In particolare abbiamo progettato la galleria d’arte della FARM-XL (insieme a Castelli Studio) e l’ammodernamento degli spazi info-point, biglietteria, bookshop e ludoteca del Castello di Chiaramonte. Nel primo intervento diverse unità edilizie informi e affastellate, sono state rese spazio continuo e organico grazie all’abbattimento delle cortine murarie che le separavano, permettendo così di liberare gli spazi, adesso attraversati da percorsi di visita liberi e non gerarchici e aperti alla luce naturale con grandi vetrate.
LAPS architecture ha partecipato insieme ad Esterni, Manfredi Leone, Marco Navarra/Studio Nowa alla rivitalizzazione del Castello di Chiaramonte con l’esperimento FUN-Favara Urban Network. Il progetto di LAPS riguarda l’ammodernamento degli spazi biglietteria, bookshop e ludoteca, grazie al quale lo studio ha ricevuto la menzione al premio Giovani Talenti dell’Architettura Italiana 2013 organizzato dall’Ordine Nazionale degli Architetti.
Ma soprattutto, ci ha permesso di realizzare —insieme a Myop— un sistema di mobili, partizioni e ripiani che è stato ulteriormente perfezionato per il riammodernamento ed estensione sia della biblioteca dall’Istituto italiano di Cultura di Parigi che degli spazi commerciali, SPA e ristorazione Bio a Nagasaki in Giappone. Ciò ad ulteriore dimostrazione che grazie all’incubazione di FARM, un’azienda locale è riuscita a emergere a livello internazionale aprendo la strada a quello che immaginiamo possa divenire il primo passo che porti a dei prodotti FARM Design.
Per far perdurare l’azione di FARM, è nato il progetto FARM Children’s Museum. Adesso in cantiere e con una campagna di crowdfunding lanciata per terminarne la realizzazione, si tratta di un luogo dedicato all’infanzia, con laboratori multimediali di ogni tipo per l’apprendimento, una dj academy. Spazi espositivi per installazioni e mostre e un piccolo teatro per spettacoli e manifestazioni. Sfida ambiziosa: crescere le nuove generazioni nel segno della bellezza, della curiosità, della socialità, dello spirito critico, della creatività, un luogo per aiutare i bambini a rendere il mondo migliore. Un luogo che premia la cultura come strumento di gioia, ricchezza e progresso.
LAPS Architecture (www.laps-a.com) è -insieme a Castelli Studio e Vida- fra gli autori del progetto del FARM Children’s Museum. Qui stiamo testando diversi modi di recupero e ristrutturazione degli interni (a basso costo ma di qualità, fedeli al motto che per fare delle belle cose ci sono minimo due modi: o tanti soldi o tanta intelligenza).
Stiamo portando avanti dei progetti tecnologicamente avanzati ed innovativi come ad esempio la facciata del Children’s Museum: una nuvola dalle forme organiche che capta e modula la luce naturale che implementa l’efficienza energetica. Stiamo lavorando con delle aziende locali (www.myop.me) che investono per la prima volta sulla ricerca di nuovi materiali e modi di produzione (prototipazione rapida e uso di machine a controllo numerico). Tradotto in termini professionali significa investigare un processo, un sistema che possa un giorno essere utile per le facciate dei palazzi lasciati non-finiti.
Allo sfascio di un paese che si era imbruttito, la FARM ha posto rimedio con un miracolo. Ora si tratta di avere fede: credere e perseverare nel miglioramento di un modello di sviluppo possibile soltanto grazie alla sua carica innovativa, partecipatoria e visionaria
Salvator-John A. Liotta è architetto, ricercatore presso il CNRS di Parigi, JSPS Senior Fellow presso il Kengo Kuma Lab dell’Università di Tokyo e corrispondente delle rivista Domus. Il suo studio di architettura LAPS Architecture -diretto insieme a Fabienne Louyot- ha realizzato progetti pubblici e privati in Italia, Giappone e Francia. I lavori di LAPS Architecture sono stati pubblicati sulle più importanti riviste di architettura internazionali (DOMUS, ABITARE, A10, etc).
Lo studio LAPS Architecture è stato invitato alla Biennale di Architettura di Venezia 2014, ha vinto il premio IN/Arch-ANCE 2014 e ha ricevuto la menzione d’onore al premio Giovani Talenti dell’Architettura Italiana nel 2013 e 2014. www.laps-a.com