Agrumaria Corleone  Vai alla Storia

Il ruolo della governance: una via generativa?

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Appunti sul cambiamento d’impresa a partire dall’esperienza di Agrumaria Corleone

Alcune riflessioni sul modello di business

L’Agrumaria Corleone rappresenta una delle storie di straordinaria imprenditorialità che caratterizzano il nostro sistema produttivo e l’analisi del suo modello di business aiuta a ricostruire gli snodi chiave su cui è costruito il successo del made in Italy. Innovazione continua, mercati globali e grande attenzione alla qualità del prodotto e al servizio al cliente riassumono la formula di successo e caratterizzano i principali processi di creazione del valore.

La logica di organizzazione del lavoro che ne deriva è anche questa consolidata. Il presidio manifatturiero è forte, gli investimenti sono adeguati, la competitività in chiave di efficienza monitorata costantemente. Molta attenzione al risparmio energetico e a una produzione “green” per garantire efficienza e posizionamento dell’azienda sul mercato completano le priorità perseguite. In stretto collegamento, fra la produzione e il cliente, si pone l’ufficio tecnico, nel caso dell’Agrumaria il laboratorio, dove vengono garantiti gli standard internazionali più rigorosi e si personalizza il prodotto in base alle specifiche del cliente. I mercati sono globali, il fatturato estero è nettamente predominante sul fatturato totale, la gestione di clienti internazionali molto consolidata nelle prassi. Qualità, sostenibilità, competenza e appartenenza delle risorse umane completano il mix a sostegno della competitività. Questo accade nell’alimentare, ma le stesse caratteristiche determinano il successo del Made in Italy nella meccanica, nell’arredo e nella moda; insomma una conferma che il posizionamento è corretto, distintivo, capace di creare valore nel tempo.

Le sfide future

La prima riflessione riguarda le fonti di creazione del valore. Esiste una convergenza nelle aziende osservate sul processo di creazione del valore, che si sposta in maniera evidente a monte e a valle dell’attività generata da sempre, la creazione del prodotto. L’attività manifatturiera, intesa in senso lato, incluso cioè il servizio al cliente, sta subendo un processo di “commoditizzazione”, a causa della competizione globale, che si traduce in una progressiva contrazione della marginalità.

Le pressioni sui prezzi di mercato provengono sia da nuovi concorrenti sia da una generale percezione di valore ridotto che ha il prodotto di per sé. Come “scalare” la catena del valore a monte e a valle è la sfida che le imprese devono compiere, ognuna dovrà trovare la propria formula, il proprio trade –off.

Il tema non è per nulla semplice, le aree di investimento sembrano ampie, ma il loro ritorno molto difficile da prevedere in un arco di tempo ragionevole. Nella mia esperienza di osservazione delle dinamiche delle imprese medie italiane, oggi questo mi sembra il passaggio più critico, in cui la dotazione di strumenti di analisi delle aziende sono deboli e molto informali. In coerenza con quanto appena accennato, le priorità oggi sembrano essere quelle di:

– selezionare il fatturato, dando priorità ai clienti a maggiore marginalità e prospetto nel tempo;
– investire in innovazione tecnologica e qualità delle risorse umane al fine di mantenere un primato nei mercati internazionali sul prodotto e sulle sue funzionalità specifiche;
– vedere l’evoluzione dei nuovi processi di creazione di valore e capire se e in che modo connettersi.

Il ruolo della Governance: una via generativa?

La strada più promettente, tuttavia, in qualità di acceleratore di cambiamento, è dedicato alle evoluzioni della Governance: le questioni riguardano il rapporto fra impresa e famiglia, il dilemma proprietà-gestione e in genere tutta la sfera del processo decisionale, campo dove si sviluppa il dibattito sulla dimensione di impresa. Le pressioni competitive e lo spostamento dei processi di creazione del valore impongono nuove decisioni, nuovi sistemi di relazioni e competenze. La famiglia, da sempre serbatoio di risorse per il business, non è più sufficiente a fornire le risorse utili allo sviluppo, la focalizzazione estrema sul business, forza per anni di efficacia e efficienza, oggi ha la necessità di connettersi ad altri sistemi, anche internazionali, dove logiche e meccanismi di funzionamento sono diversi.

Per molti osservatori questo è un tema di crescita dimensionale, abbandonare il modello imprenditoriale familiare di riferimento per diventare il più velocemente possibile una azienda “come le altre”, manageriale; separare proprietà e gestione in maniera netta.

A me non sembra questa la strada, il valore e il posizionamento sul mercato sono dettati da una naturale alchimia delle due tensioni che devono coesistere: se prevale la dimensione familiare, l’azienda rischia di avvitarsi su se stessa, senza una prospettiva chiara; se prevale il modello manageriale, il profilo e le logiche di funzionamento si assimilano alla grande impresa, senza averne risorse e libertà di azione.

– Da una parte ibridare il management familiare con oculati ingressi di management professionale, portatori di visioni e sistemi di relazioni diverse che possono favorire decisioni logiche e non obbligatoriamente dettate dalla dimensione familiare, ispirate a prudenza e mantenimento;
– Dall’altra attivare processi di rete nelle code della catena del valore, al fine di esplorare nuovi modelli di business, condividerli e completarli nel loro assetto istituzionale.

Nella sostanza l’esigenza emersa è quello di integrare la visione consolidata e vincente del modello di business con le pressioni di cambiamento che giungono dal contesto competitivo. Non è soltanto un problema di dimensione, intercettare i luoghi e i sistemi di relazione dove si combinano i processi decisionali è un nuovo mindset strategico, il driver è la competitività, che non aumenta obbligatoriamente aumentando gli organici dell’azienda.

E l’osservazione delle imprese medie più virtuose, che caratterizzano il capitalismo in Italia, dimostra che una progressiva e oculata apertura della Governance, nelle forme più diverse, ha un impatto significativo sulla competitività. In altre parole, le imprese che vanno meglio, hanno Governance aperte e evolute. Un lavoro lungo e complesso, i cui risultati si vedono nel lungo periodo, da sostenere con forza e costanza dalla proprietà, soprattutto nei suoi inevitabili momenti di pausa. La sfida riguarda anche il management professionale, non sempre consapevole del valore e della distintività delle aziende di questa dimensione, in cui un eccesso semplificatorio di strumenti di management rischia di sottrarre anima e valore e non restituire competitività nel tempo. In questo rinnovato processo di ibridazione, risiede, probabilmente, la formula di successo dei prossimi anni.

Post Scriptum

Da circa un anno osservo da vicino le evoluzioni dell’Agrumaria Corleone. Sono stato invitato a partecipare al board e al costituendo CdA dell’azienda, composto da 4 membri della famiglia e da un esterno in qualità di consigliere indipendente esperto. Il task affidatomi è sulla carta abbastanza chiaro:

– Riflettere sull’evoluzione del modello di business e sue determinanti nel processo di creazione del valore;
– Rappresentare e promuovere l’immagine dell’azienda in contesti complementari alla sua evoluzione di riferimento, grazie al mio profilo professionale;
– Consolidare il processo decisionale, favorendo il definitivo passaggio da una gestione “mono” centrata sulla figura del membro familiare più autorevole a un team di gestione selezionato dal gruppo familiare in base a rappresentatività e competenze specifiche; Valorizzare il ruolo della famiglia, in termini di reputazione e appartenenza, ma nello stesso tempo facendo da stanza di compensazione su dinamiche familiari che possono rallentare il processo decisionale.

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