Essere attrattivi nei confronti dei giovani e incentivare la crescita professionale delle persone, per essere trasversali e multidisciplinari, «vedendo le cooperative anche come luogo di “coltura” per l’innovazione e lo sviluppo umano». Per Giuseppe Bruno, presidente di Cgm, in questa poliedricità di professioni e storie l’impresa sociale può rispondere alle sfide dell’oggi
Un approccio sistemico e visionario che consenta di valorizzare le competenze. È questa la leva fondamentale su cui la cooperazione sociale deve puntare in questo momento, se vuole – come può – giocare un ruolo straordinario nella ripartenza del Paese. People strategy, benvenuta. Ma se valorizzare le competenze «significa da un lato creare le condizioni affinché i giovani possano partecipare attivamente alla vita delle cooperative o crearne di nuove», dice Giuseppe Bruno, presidente di Cgm, dall’altro vuol dire «incentivare la crescita professionale delle nostre persone, vedendo le cooperative non solo come compagine democratica, inclusiva e a gestione partecipata, ma anche come luogo di “coltura” per l’innovazione e lo sviluppo umano. Parliamo di avanzamento delle competenze, di opportunità professionali, di benessere delle persone al lavoro, e nelle imprese sociali riconosciamo gli ingredienti che favoriscono anche la parità di genere e l’espressione concreta del potenziale giovanile, soprattutto nelle compagini societarie».
Il consorzio Cgm, con più di seicento cooperative sociali all’attivo, rappresenta una platea di lavoratori di oltre 42mila persone. Nel nuovo piano d’impresa, che Cgm sta scrivendo per gli anni da qui al 2025, questo capitale umano ed esperienziale è la base solida su cui poggia «la nostra connaturata fiducia per le opportunità che si andranno a generare…