Valli Cupe

Un monastero naturale per il XXI secolo

E’ stato definito dal naturalista belga John Bouquet “il segreto meglio custodito d’Europa”: è Valli Cupe, un’area protetta che si estende per 650 ettari nella Presila catanzarese il cui nome deriva dal francese “cupè” – tagliato, bucato – a motivo della particolarissima conformazione geologica.

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Riserva naturale regionale Valli Cupe

Istituzione

Sersale, Catanzaro

www.riservanaturalevallicupe.it

Valli Cupe | Un monastero naturale per il XXI secolo

Un luogo di rara bellezza, che raccoglie cascate, canyon, rarità botaniche e faunistiche, antichi monasteri, resti archeologici. Il sogno? Attirare turisti da tutto il mondo in questo territorio sconosciuto, che deve imparare ad aprirsi e ad accogliere.

Un territorio storicamente marginale dal punto di vista socio-economico, che da secoli conosce povertà ed emigrazione, ma che racchiude un patrimonio di grande rilievo dal punto di vista storico, naturalistico e ambientale. Un luogo di rara bellezza che attende solo di essere giustamente riconosciuto e valorizzato.

Da dove nasce l'idea

Orgoglio e fiducia. Valorizzare il proprio patrimonio territoriale.

Il botanico Carmine Lupia, da sempre innamorato della sua terra, dopo il confronto con tante realtà internazionali meno favorite dal punto di vista del capitale paesaggistico e culturale, eppure più intraprendenti e capaci di mettere a sistema le risorse disponibili, con alcuni giovani amici del luogo avvia un primo esperimento di valorizzazione turistica con l’idea di fare di Valli Cupe la leva per uno sviluppo locale più ampio, economico e sociale, culturale e ambientale.
Insieme, fondano la cooperativa Sentieri mediterranei e su una vecchia Panda incominciano a percorrere le strade della Calabria visitando le scuole e facendo conoscere le meraviglie di Valli Cupe.

“Questi luoghi, questi burroni, che erano quasi un simbolo di vergogna, sono diventati un simbolo di orgoglio per la popolazione che ha capito che questo poteva essere il nostro futuro”

Carmine Lupia, Direttore Riserva Valli Cupe

La Storia

Un territorio aperto ma protetto attorno al quale fare squadra. Quando la marginalità può diventare tipicità.

Arrivano le prime scolaresche. Qualcosa incomincia a muoversi. Intanto Lupia e compagni disegnano i primi percorsi turistici, nominano i primi sentieri, catalogano rarità botaniche e faunistiche, si spendono nel diffondere nella comunità locale un nuovo immaginario del territorio. Ma non è facile far vedere un canyon laddove si è sempre visto un burrone potenzialmente destinato a discarica. 

Il salto di prospettiva è grande e non è immediatamente accolto da una comunità locale che non si è mai autorizzata a sognare.

Cresce, invece, il riconoscimento esterno con l’arrivo sempre più numeroso dei turisti. A questo punto diventa necessario adottare un governo del fenomeno e del territorio, darsi una forma che consenta di custodire e insieme innovare, avviando uno sviluppo lungimirante, sostenibile e dai benefici condivisi.

Da qui la scelta di Carmine di entrare in politica. “Ho capito che senza politica non si poteva andare da nessuna parte. Lo dico nel senso più nobile del termine…” – racconta.Divenuto assessore di maggioranza nel comune di Sersale, il paese su cui maggiormente insiste l’area, e poi presidente della comunità Montana, Lupia porta avanti con determinazione il progetto di trasformare Valli Cupe in “area protetta”.

La scelta è consapevole: si preferisce un format snello, non burocratizzato e leggero anche dal punto di vista delle risorse di struttura. Nessun costo, nessun consiglio di amministrazione – come previsto, invece, nella formula del “parco” – solo un direttore, ma la stessa protezione a livello giuridico e la possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici di un ente parco.

L’operazione non è scevra di resistenze in una terra in cui è facile veder prevalere attorno ad ogni tentativo di innovazione vecchie logiche di spartizione di potere e di redistribuzione di favori per la generazione del consenso. Tuttavia, il processo, trasparente, segue l’iter istituzionale e sorprendentemente, nel 2016, Valli Cupe viene formalmente riconosciuta “area protetta”.

Nel nuovo ruolo di direttore dell’area, Carmine avvia una serie di importanti interventi che incominciano a dare frutto, sia sul fronte della promozione turistica, sia rispetto alla legittimazione locale: la messa a punto dalla sentieristica, ideata per valorizzare le peculiarità locali (alberi secolari, resti di antichi monasteri, cascate, canyon); la costruzione di una rete museale attorno alla quale cresce il numero di giovani formati per diventare guide locali; lo sviluppo della rete di servizi turistici; le infrastrutture per l’accesso all’area.

Il capitale relazionale di Carmine fa da importante ponte con i media nazionali e internazionali – dalla Rai alla BCC – che si accorgono dell’area e la promuovono.

I visitatori aumentano, anche per la capacità dell’ente, che continua a collaborare con la cooperativa Segreti mediterranei, a connettersi con il sistema turistico calabrese; cresce anche il numero dei ristoranti e dei posti letto; i giovani incominciano ad intravedere nuove possibilità di restare; la comunità inizia a riconoscersi nel marchio Valli Cupe.

Il processo avanza, ma resta sempre fragile e va continuamente difeso. Un momento di particolare criticità è, nel 2017, il tentativo della Regione Calabria di imporre dall’alto le sue logiche e le sue relazioni politiche. Grazie alla decisa mobilitazione esterna – con l’intervento dei media nazionali (si veda Gian Antonio Stella su Il Corriere ) – e locale. E’ subito chiaro che la strada avviata – che sta portando con sé i primi benefici economici – è esempio di un nuovo modo di fare sviluppo.

La sostenibilità di Valli Cupe è oggi legata alla sua possibilità di diventare un sogno condiviso da molti. A contare saranno la possibilità di far crescere una diffusa e sempre più competente capacità di intrapresa, soprattutto dei giovani; dalla tenuta di un’idea di sviluppo locale libera dalle zavorre del passato per affermare modelli bottom up, non gerarchici, aperti, interconnessi; dalla connessione crescente tra il locale della Calabria e il globale (interessante è il progetto europeo di scambio tra giovani europei e giovani di Sersale appena avviato da Valli Cupe).

Gli aspetti generativi

La custodia di un patrimonio solo parzialmente esplorato nelle sue potenzialità non si traduce in musealizzazione, fissità, chiusura, controllo del territorio e delle sue risorse, ma in apertura, incontro, dialogo con il mondo. Non si tratta dunque di occupare spazi, ma liberare energie, rimettere in circolo valore.

Valli Cupe diventa allora un dispositivo autorizzante per chi vuole fare impresa; per i giovani che decidono di restare e trasformando una passione in lavoro; per la comunità che vuole disegnarsi un futuro migliore.
Centrale è, in Valli Cupe, l’operazione del recupero dell’identità locale più profonda. La cultura (e l’investimento nella cultura) è la vera leva per lo sviluppo locale e insieme l’asset principale attorno a cui la comunità si riconosce. Si tratta di un percorso che intreccia ricerca e riappropriazione, memoria e immaginazione, storia e mito e che genera i suoi landmark da esportare nel mondo – dai monasteri basiliani all’albero della ciofeca, dal ciclo carolingio al canyon.
Le parole del sindaco di Sersale, Salvatore Torchia, in fondo sintetizzano come nasce un’istituzione: c’è un’esperienza, coerente, esemplare, che si rivela capace di mobilitare e orientare, di proporre una visione e un nuovo sistema di valori e di regole, di generare ricchezza, economica e sociale, ma anche simbolica e fiduciaria. Di offrirsi come spazio di relazioni, di significati e di speranza. Sono così i monasteri del XXI secolo di cui abbiamo tremendamente bisogno.

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