Cometa

Scuola Oliver Twist: non uno di meno, nel segno della bellezza

La Scuola Oliver Twist di Cometa offre opportunità formative che tengono in considerazione la dimensione relazionale, affettiva, cognitiva e comportamentale di ogni studente, coniugando il percorso educativo con l’apprendimento di adeguati strumenti di formazione tecnica e avviando percorsi di accompagnamento all’inserimento nel mondo del lavoro.

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Cometa | Scuola Oliver Twist: non uno di meno, nel segno della bellezza

Un progetto educativo fondato su semplici principi: “fare scuola è un fare-insieme”, “fare scuola è educare attraverso la bellezza”. La mission? Aiutare le persone a trovare innanzitutto sé stesse, a incontrare sé stesse.

Gli educatori, genitori e docenti, si confrontano quotidianamente con il disinteresse dei ragazzi verso l’apprendimento e anche verso un qualsiasi tipo di impegno. Per trovare soluzioni al problema sempre più rilevante dell’abbandono scolastico e per prevenire il fenomeno della dispersione scolastica, nel 2003 nasce la Scuola Oliver Twist di Cometa Formazione. Cometa Formazione è una cooperativa sociale che opera nel campo della formazione professionale e nei servizi per il lavoro.

Da dove nasce l'idea

Nel 1987 un sacerdote chiede ad Erasmo Figini, designer di tessuti, di accogliere in casa un bambino sieropositivo. Erasmo coinvolge la moglie Serena, il fratello Innocente, la sorella Maria Grazia e le loro famiglie. Da questi primo “Si” nasce Cometa.

Oggi in quella casa vivono 5 famiglie con 14 figli naturali e 24 in affido. Altri 100 bambini sono coinvolti quotidianamente in attività diurne.
Nel 2009, le famiglie di Cometa fondano la scuola professionale Oliver Twist, per aiutare i ragazzi a rischio dispersione scolastica.

“Questa accoglienza nel tempo si è dilatata senza mai progettare niente a tavolino, ma nel tentativo di rispondere al bisogno che ti provoca e bussa alla tua porta, di SI in SI.”

Erasmo Figini, Papà di Cometa

La Storia

Alla Oliver Twist si cerca con grande determinazione di perseguire questa intuizione, a partire da una scommessa progettuale su ogni ragazzo, dove il Progetto è di vita e di lavoro, che si chiarisce e realizza attraverso progetti con la “p” minuscola, il tutto reso possibile da maestri che accompagnano al sogno, al Desiderio.

La scuola Oliver Twist, con i suoi tre indirizzi tessile/moda, legno/mobile, ristorazione, ha preso corpo, incarnando il principio dell’apprendere attraverso l’esperienza, arrivando a seguire oggi circa 380 ragazzi tra i 14 e i 18 anni. L’offerta formativa comprende corsi quadriennali di qualifica e corsi di formazione professionale, opportunità di orientamento e avvicinamento al lavoro rivolti anche a studenti drop-out, che vengono accolti e rimotivati, reinseriti in un percorso scolastico oppure avviati a una professione.

Non uno di meno è dunque, certamente, fra gli obiettivi di questo poliedrico luogo di apprendimento, nel quale questo motto non si declina solo nella dimensione del contrasto alla dispersione scolastica offrendo una “seconda chance”, ma si traduce in una azione preventiva all’abbandono formativo (inteso in senso lato sino a includere lo scarso rendimento negli studi, i fallimenti…), azione che si esplicita nella promozione di una pluralità di proposte professionalizzanti, capaci di rispondere alle capacità, ai desideri e ai bisogni differenziati dei ragazzi.

Per una scuola di questo tipo, il coinvolgimento del mondo del lavoro è centrale, anzi, vitale. Non stupisce, quindi, che particolare cura sia stata prestata, sin dal suo esordio, a coltivare rapporti di collaborazione, ma potremmo dire meglio di “alleanza educativa”, con le imprese e agli artigiani locali. Un’alleanza che chiama le une e gli altri a scommettere su questo progetto e ovviamente sui ragazzi ai quali offrono il proprio sapere e un cammino da percorrere insieme.

Più importante ancora di questo fitto tessuto di legami è l’approccio pedagogico, il senso attribuito al fare scuola, una scuola professionale, nello specifico, che considera l’apprendimento un’esperienza che matura attraverso il fare.

È qui che si situa uno degli aspetti più originali della proposta formativa della Oliver Twist, con l’apertura al suo interno delle cosiddette “botteghe”: veri e propri luoghi di lavoro, nei quali i ragazzi imparano un mestiere, seguono l’intero processo produttivo – dall’ideazione alla realizzazione – di un bene o un servizio pensato in vista della sua potenziale (se non effettiva) collocazione sul mercato; luoghi nei quali tanto le regole da seguire quanto ogni dettaglio dell’ambiente sono quelli propri di una realtà lavorativa.

Misurarsi con un incarico calato sin da subito nel concreto di una attività di impresa è solo uno degli elementi di forza della proposta. A ciò si aggiunga il particolare rapporto che si viene a creare tra gli alunni e i docenti, più opportunamente definiti anche maestri. Ogni ragazzo, infatti, è chiamato a vivere la relazione con i docenti in modo proattivo, come opportunità per scoprire tutto ciò che è rilevante sul piano delle conoscenze al fine elaborare e realizzare al meglio un originale progetto lavorativo. Diventa così centrale la dimensione della scelta, dell’impegno personale, della decisione di mettersi in gioco, scoprendo e valorizzando il proprio talento. Ciascuno è a suo modo unico ed eccellente, come è scritto all’ingresso della scuola (e come ogni ragazzo è guardato e accolto ogni giorno!), ma a ciascuno spetta di crederci, di spendersi in prima persona, come – sempre all’ingresso – ricordano uno scimpanzé a grandezza naturale e i versi di Dante “fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

Gli aspetti generativi

È sotto il segno della bellezza che la scuola diventa “generativa” a partire dalla sua disponibilità a farsi spazio vuoto per ospitare “l’innato desiderio di conoscenza che tutti hanno, solo che li si sappia e voglia accompagnare nel riscoprirlo dentro di sé”, a farsi contesto in cui trovare le parole per scrivere il proprio testo. In questo modo ognuno può diventare protagonista responsabile della propria esistenza.

Non si tratta di una strada facile, quella della Oliver Twist, anzi. Tuttavia essa si propone come esperienza possibile, replicabile, condivisibile. Non si tratta tuttavia di un viaggio in solitaria. L’esperienza della Oliver Twist si regge sulla e prende vita dalla relazione: tra adulti e ragazzi, tra gli studenti stessi, con i tanti imprenditori grandi e piccoli che hanno aderito a questa proposta in un’alleanza che ha molto da insegnare alla scuola italiana dove il raccordo scuola-lavoro non funziona e i canali di transizione tra l’aula e l’azienda sono inadeguati. Più ampiamente, però, la relazione della Oliver Twist è con il mondo e le sue interpellanze.
E il bisogno grande a cui essa risponde è, in primis, quello di tanti ragazze e ragazze che non ce la fanno, se lasciati soli, a diventare pienamente se stessi dentro una scuola affaticata e anche un po’ depressa che avrebbe bisogno più che mai di riscoprirsi luogo di bellezza e di umanità.
Le imprese e gli artigiani, le botteghe, i maestri, l’approccio educativo e il modello didattico, il fare congiunto al conoscere, la responsabilità, la libertà e il talento individuale sono dunque i tasselli di una proposta formativa che non solo non vuole “perdere” nessuno, bensì vuole portare ciascuno a compiere il proprio percorso lungo strada della conoscenza. Ma è in fondo racchiusa in una sola parola la cifra distintiva della scuola; è la parola “bellezza”, che ricorre nel video e che nell’esperienza della Oliver Twist diviene sguardo che educa a guardare la realtà circostante, gli altri e noi stessi.
Ma quale bellezza? Diversi i modi per dare una risposta, a partire da percorsi di vita quotidiana spesi nel segno del dono di sé, della condivisione, dell’apertura all’altro; percorsi che fanno della “bellezza espressione visibile del bene”. Percorsi sui quali anche alla Oliver Twist ci si può incamminare. Non sembri troppo ampia la distanza tra le difficoltà che caratterizzano il nostro tempo e i passi che si possono compiere dentro una scuola: educare al bene (e al bello) gli adulti di domani è indispensabile per costruire una società migliore già oggi.

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