Dance Well

Noi danziamo con il Parkinson

Il progetto Dance Well nasce nel 2013 a Bassano del Grappa nell’ambito del progetto europeo ACT YOUR AGE per la promozione del dialogo intergenerazionale e dell’invecchiamento attivo attraverso l’arte della danza. Il progetto è sostenuto dalla Casa della danza, in partnership con il Nederlandse Dansagen Festival di Maastricht (Olanda) e il Dance House Lemesos (Cipro).

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Dance Well

Associazione

Bassano del Grappa, Vicenza

www.operaestate.it/dance-well-2/

Dance Well | Noi danziamo con il Parkinson

Dance Well ha come obiettivo l’inclusione e il benessere di persone affette dal morbo di Parkinson, attraverso la danza contemporanea. Una pratica inclusiva e intergenerazionale che rinforza anima e corpo.

Roberto Casarotto, ideatore di Dance Well e responsabile dei Progetti Danza e Internazionale di Operaestate Festival Veneto, sostiene: “Le persone con il Parkinson spesso si isolano, si vergognano ad uscire, la danza cambia la loro vita, ha questo potere straordinario di immergerli in una dimensione diversa in cui si sentono valorizzati, in cui si risentono belli, in cui percepiscono in una nuova dimensione una personale forma di eccellenza”.

Da dove nasce l'idea

Per Dance Well il fine è l’arte attraverso l’espressione del proprio corpo. Elemento fondamentale della pratica è il luogo che fa da contenitore e amplifica la forza della danza, consentendo ai partecipanti di riappropriarsi della propria armonia.

L’idea originale, nata in Olanda, è stata reinterpretata da Roberto Casarotto, ballerino e coreografo di fama internazionale, che ha introdotto importanti elementi di novità. 
Il primo è la scelta di dare vita a gruppi di lavoro aperti a tutti. Avviato come sperimentazione con un piccolo nucleo di persone con il Parkinson, Dance Well è oggi un progetto ben radicato nel territorio, che vede coinvolte persone di differenti età, profili e condizioni di salute, non solo malati di Parkinson. Questa mescolanza consente la crescita di ciascuno e del gruppo, l’inclusione sociale, il senso di appartenenza, il sostegno reciproco, superando ogni differenza.
Un secondo importante distinguo è la rilevanza data al luogo in cui le attività vengono svolte che deve “ispirare intimamente” i danzatori e non essere brutto o sterile. L’ambiente deve essere bello, esteticamente, spiritualmente, artisticamente denso: per questo gli incontri non avvengono né in una palestra e neppure in contesti medicalizzati, bensì presso il Museo Civico di Bassano del Grappa, a Schio sul palcoscenico del Teatro Civico, a Villa Margherita nella sala conferenze.
Un terzo elemento è dato dalla gratuità della proposta. Il supporto dell’amministrazione comunale conferma il valore sociale riconosciuto a questa attività dai benefici collettivi, che negli anni sta dimostrando di generare ritorni significativi sulla vita dei partecipanti, delle loro famiglie, della cittadinanza.

“Questa attività è importantissima, ci dà quel ritmo e quella voglia di vivere che normalmente potremmo perdere. Soprattutto svolgere questa attività in un ambiente culturale non in una fredda palestra o in un ambiente ospedaliero, ecco, aiuta moltissimo.”

Amerigo Pugliese, Parkinson dancer

La Storia

Mentre la malattia isola, la danza aggrega e fa rifiorire relazioni, emozioni e desideri.

Alla luce dell’esperienza trascorsa è possibile affermare che, grazie alla pratica continuativa del metodo Dance Well, si può raggiungere una migliore qualità di vita, migliorare il senso del ritmo, dell’equilibrio e del movimento. Inoltre, attraverso lo sviluppo di relazioni interpersonali, i partecipanti combattono l’isolamento che connota chi è affetto da questo tipo di patologia.

I benefici del metodo sono allo studio di un gruppo di ricerca guidato dal Professor Daniele Volpe, responsabile del Dipartimento di Medicina riabilitativa della Casa di Cura Villa Margherita di Arcugnano (VI). Sebbene la pratica proposta includa al suo interno varie strategie riabilitative (aerobic exer­cise; motor imagery; cueing; proprioceptive training; sensori-motor training), la sua finalità è anzitutto artistica. I partecipanti vengono non a caso chiamati “danzatori”. 

Essere un Parkinson dancer significa acquisire una nuova identità, positiva e abilitante, che cancella i riduzionismi legati alla patologia e consente di reinterpretare, ampliandolo, lo scenario della propria azione.

L’attività è condotta da insegnanti appositamente formati che si muovono secondo principi, obiettivi e metodi condivisi. L’obiettivo non è trasferire tecniche specifiche, ma fornire una serie di strumenti affinché ogni danzatore possa creare il suo proprio movimento, la sua propria danza, impiegando gli strumenti coreografici che conosce. Ciò fa sì che ogni gruppo sia molto diverso pur partendo da principi comuni.
La filosofia che guida l’attività non mira alla performance e all’eccellenza stilistica. Qui non esiste giusto e sbagliato. “Ognuno danza con il suo corpo”. Ciò che è importante è l’intenzione del movimento, più che del movimento in sé. A seconda delle possibilità di ognuno, “si può stare seduti o in piedi, alzare il braccio tanto o poco, il destro o il sinistro, senza che questo modifichi il valore artistico e la potenzialità espressiva”.

In ogni classe sono presenti due insegnanti – così da facilitare la gestione del gruppo e la visibilità del movimento – che si alternano periodicamente per permettere ai partecipanti di apprendere approcci diversi. Alle classi partecipano talvolta anche danzatori o coreografi che visitano la Casa della danza o il Festival. Nascono significative interazioni con i Parkinson dancers che negli anni hanno acquisito capacità e sensibilità artistiche tali da poter svolgere anche una funzione critica e di indirizzo anche nei confronti dei professionisti.

Ogni anno, sotto la guida di un coreografo i partecipanti al progetto Dance Well preparano uno spettacolo proposto poi nella cornice del Festival, partecipazione che ha via via sensibilizzato e coinvolto tutta la cittadinanza.

Gli aspetti generativi

Il progetto mostra la sua generatività nel suo sforzo inclusivo e nel suo impegno abilitante. Attraverso il gruppo che danza insieme, immersi in luoghi pregnanti di storia e di arte, è possibile anche per chi vive la fatica della malattia tenere in vita il desiderio di vita.

Tutti, nel gruppo, sono accolti. Tutti sono invitati a condividere ciò che ciascuno liberamente vuole, ciò che necessariamente può, nel rispetto delle possibilità di ciascuno. La ricerca incessante di nuovi movimenti in grado di esprimere, nonostante i vincoli che il Parkinson impone, l’infinito custodito in ognuno diventa infatti segno della Vita stessa, che, pur nella vulnerabilità degli esseri umani o forse proprio grazie alla vulnerabilità degli esseri umani, non cessa di irrompere e sorprenderci, con la sua straordinaria forza, con la sua indicibile bellezza.
Un progetto che sta diventando un processo, qualcosa che non può avere termine, scadenza in quanto così impattante nella società e nella città.

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