Fondazione Alessio Tavecchio

La disabilità come rinascita

La Fondazione Alessio Tavecchio, costituita nel 1998, è nata da un’esperienza diretta del suo presidente Alessio Tavecchio, il quale è rimasto confinato su una sedia a rotelle, a seguito di un grave incidente motociclistico.

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Fondazione Alessio Tavecchio Onlus

Associazione

Monza

www.alessio.org/

Fondazione Alessio Tavecchio | La disabilità come rinascita

Ghettizzazione, senso di abbandono, totale scarico di ogni peso sulla famiglia, timore per il futuro, insicurezza e dipendenza dagli altri: queste le sensazioni più comuni che prova chi, costretto su una sedia a rotelle, rientra in una nuova, inimmaginabile e scioccante quotidianità.

La Fondazione nasce dal desiderio di colmare questa lacuna, riaccendendo la luce della speranza, attraverso la realizzazione di un Centro Polifunzionale Integrato di Residenzialità, Formazione e Sport per persone con disabilità, ma comunque aperto a tutti.

Da dove nasce l'idea

5 dicembre 1993: Alessio Tavecchio, giovane studente benestante di Monza, è vittima di un incidente motociclistico. A causa di una buca per lavori in corso non segnalata finisce a terra entrando in coma. La diagnosi dei medici non lascia speranze: paraplegia. Alessio sarà costretto sulla sedia a rotelle per tutta la vita.

Improvvisamente tutto cambia. Un giovane ventitreenne con tanti sogni e alla ricerca della autentica pienezza di vita viene proiettato in un mondo nuovo. Un mondo fatto di medici, interventi chirurgici e riabilitazione che lo obbliga a ripensare la propria vita quotidiana e il rapporto con gli altri.

“Un incidente motociclistico, una buca per lavori in corso non segnalata e una caduta. Sembrava che una vita fosse finita, invece ne è nata un’altra. Una seconda vita che al suo inizio ha sentito una sentenza: Alessio sulla sedia a rotelle per tutta la vita. Si potrebbe pensare che la più grande sofferenza sia stata questa, ma non è stato così. Il momento più difficile è stato il ritorno nella società, il ritorno a casa.”

Alessio Tavecchio, Presidente Fondazione Alessio Tavecchio onlus

La Storia

Alessio trova la forza di fare una scelta: una scelta forte. Questa nuova condizione vuole viverla attivamente, da protagonista, deve essere una rinascita, non una condanna da scontare. Con questo spirito affronta la fase acuta (ospedaliera) e post-acuta (riabilitativa) del suo percorso di disabile.

Proprio questo spirito gli permette di non rinchiudersi in casa davanti alla televisione tutto il giorno ma di darsi allo sport, per sentirsi meglio, per stare con gli altri e vincere una sfida con se stesso. Nel 1995, a soli due anni dall’incidente, partecipa ai Campionati Europei di nuoto per disabili in Francia e nel 1996 alle Paralimpiadi di Atlanta.

Ad Alessio però manca ancora qualcosa, sente che deve utilizzare l’opportunità che gli è stata data ancora più a fondo. In particolare, memore di quel vuoto che lo aveva assalito nella fase riabilitativa e, soprattutto, al suo rientro a casa, Alessio capisce che deve trovare il modo per trasmettere la sua esperienza di rinascita a quei circa 6 milioni di disabili che ci sono in Italia.

L’intuizione è quella di costruire un Centro che possa garantire tutto quello di cui lui stesso, in prima persona, avrebbe avuto bisogno dopo l’incidente ma che nessuna struttura è stata in grado di offrirgli. Un centro che si sarebbe inserito tra la fase ospedaliera/riabilitativa e il reinserimento fisico, mentale e sociale, colmando quello stato di abbandono in cui si vengono a trovare improvvisamente il disabile e la sua famiglia. Nasce così il progetto di Open Village Monza, centro polifunzionale di riabilitazione, formazione e sport per persone con disabilità ma aperto a tutti. A questo scopo, grazie al sostegno e alla collaborazione della famiglia e degli amici, nel 1998 viene istituita la Fondazione Tavecchio, che dedicherà i successivi 15 anni della sua variegata attività alla realizzazione di questo sogno.

Dopo aver affrontato con determinazione numerose sfide, alcune delle quali apparentemente insormontabili, oggi la Fondazione è proprietaria di un terreno di 12.000 mq e, a seguito dell’approvazione del Piano di Governo del Territorio del Comune di Monza, può pertanto dare inizio alla progettazione definitiva dell’Open Village. L’inizio dei lavori è previsto per il marzo 2012.

Nel frattempo la Fondazione si è impegnata in diversi altri progetti sul territorio: corsi di formazione per disabili (con la partnership di Cisco), un servizio trasporti per disabili con nove automezzi guidati da autisti volontari, un gruppo di solidarietà e di sostegno psicologico e il Progetto Vita dedicato alla prevenzione stradale nelle scuole d’Italia.

Gli aspetti generativi

Nata dal buio di una sconvolgente tragedia la Fondazione vive e opera nella luce di una inesauribile speranza.

La mission del Centro è stimolare il risveglio della voglia di vivere apprezzandone fino in fondo il potenziale creativo e incentivandone la libera espressione in tutte le persone che vengono messe alla prova da difficoltà, limiti, invalidità e disagi. Attraverso l’utilizzo di una adeguata formazione, motivazione, pratica dello sport, ricerca dell’autonomia, di un lavoro e di quella fiducia indispensabile che permetta di dare un senso all’esperienza umana e un valore più profondo al coraggio di ritornare a vivere.

La vision consiste nell’avvicinare le persone che vivono una disabilità così come gli anziani, i disagiati e i più fragili. Collaborare con enti del terzo settore e stimolare il mondo del lavoro e la società civile a compiere un importante passo verso una completa integrazione e inclusione della diversità, considerandola un’opportunità e una nuova risorsa, puntando sempre all’innovazione, alla ricerca e all’utilizzo della miglior tecnologia possibile per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il valore sta nel riporre completa fiducia nel valore dell’amore, della condivisione, della solidarietà, dell’unicità di ogni essere umano che ha diritto all’esistenza e alla dignità nella sua migliore espressione. Coinvolgere la famiglia come ambito affettivo, lo sport come mezzo di rigenerazione e il lavoro come strumento di indipendenza.

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