Cooperativa Nazareth

Accogliere per crescere tutti

La cooperativa Nazareth è nata nel 2001 da alcune organizzazioni cremonesi impegnate nell’ambito della solidarietà e svolge attività di progettazione, realizzazione, gestione di servizi educativi ed assistenziali rivolti prioritariamente ai minori e alle famiglie.

Condividi:

Nazareth Cooperativa

Impresa

Cremona

www.coopnazareth.net

Cooperativa Nazareth | Accogliere per crescere tutti

Valorizzare la capacità di accoglienza significa abbandonare l’assistenzialismo (unidirezionale e a fondo perso) per produrre valore e legame attraverso l’energia che si sprigiona da due fonti fondamentali: la reciprocità e la gratitudine.

Una piccola città di provincia; un’alleanza riuscita tra soggetti diversi e qualificati, accomunati da una sensibilità e un’attenzione condivisa; un caso rivoluzionario nella sua semplicità, che testimonia una possibilità e apre una via concreta di intervento, sulla cui scia altre si potranno collocare.

Da dove nasce l'idea

Attorno agli anni 2000 la città di Cremona si trova ad essere investita dall’arrivo di un consistente numero di minori stranieri non accompagnati. L’evento sollecita una attivazione immediata da parte dei Servizi Sociali del Comune e dalle tante energie del volontariato di Cremona.

Tra di esse vi sono gli operatori e i volontari della “Cooperativa Nazareth”.
Perché questi ragazzi arrivano proprio qui? Il fenomeno aveva già interessato le città italiane più grandi e appetibili per chi, come i migranti, sono alla ricerca di una sistemazione e soprattutto di un lavoro. Cremona, cittadina di provincia senza particolari sbocchi professionali se non legati al settore primario e a qualche industria, ne era rimasta pressoché esclusa. Poiché il flusso di arrivi non si arresta, i numeri crescono e le risorse finanziarie a budget si riducono velocemente appare sempre più evidente la necessità di una nuova e più lungimirante progettualità che risulti sostenibile, socialmente e economicamente.

“Mi sono accorto che serviva un approccio diverso, la possibilità di sperimentare qualcosa di nuovo. Negli anni 2000 a Cremona c’è un fenomeno anomalo, iniziano ad arrivare minori stranieri non accompagnati in numero molto rilevante. La sfida è stata quella di farci carico qualitativamente di una proposta diversa perché c’era bisogno di qualcosa d’altro.”

Don Pier Codazzi, prete a Cremona

La Storia

Dalla prima sistemazione d’emergenza si passa ad un’accoglienza più robusta dal punto di vista pedagogico e viene aperta una comunità per minori.

Il luogo si rivela propizio per la nascita di nuove relazioni di fiducia che consentono ai ragazzi di consegnare agli educatori – insieme alle paure e alle speranze – anche un po’ della propria biografia.

Il percorso che hanno alle spalle rende questi ragazzi più maturi dei loro coetanei italiani. Quasi tutti ancora adolescenti ma già orientati al mondo del lavoro e all’autonomia. Di questo gli educatori si accorgono presto. Ci si accorge, inoltre, che questi ragazzi arrivano in Italia con qualche punto di riferimento relazionale – un parente, un amico della famiglia, un compaesano – già inserito nel tessuto socio-economico di una delle città vicine a Cremona, come Milano o Brescia. 

La scoperta dell’esistenza di questi legami costituisce il punto di volta del progetto che evolve verso la costruzione di reti di sostegno al minore straniero non accompagnato a partire da una grande scommessa: considerare “risorse” della comunità anche le figure di adulti immigrati da tempo e già inserite nei contesti di vita italiani alle quali si propone di assumere il ruolo di figure “affidatarie”.

Da lì il ragionamento prende coraggio per protendersi verso nuove traiettorie di lavoro sociale dove bisogni e risorse si mescolano per dare vita a nuovi processi e a nuove alleanze. Insieme, operatori pubblici e professionisti del Terzo settore, si ripensa l’istituto dell’affido sperimentando dapprima l’affido monoculturale – la famiglia originaria di un certo paese accoglie presso di sé un minore dello stesso paese, lingua, cultura e religione – e poi multiculturale – dove il paese, la lingua, la cultura non sono più centrali nella scelta della famiglia affidataria ma lo diventano la disponibilità all’accoglienza, la capacità di offrire affetto e sicurezza, ascolto e familiarità. L’affido – realtà che fatica un po’ ovunque ad attecchire nel nostro Paese – si rafforza, e aumenta pian piano il numero delle famiglie disponibili grazie ad un abbassamento della soglia di accesso da parte degli operatori. Inoltre si incomincia a parlare di “affido potenziato”: per alleggerire il carico che inevitabilmente l’accoglienza di un adolescente comporta si progetta l’intervento di operatori e volontari in alcune ore del giorno.

Gli aspetti generativi

L’esperienza di Cremona e dei suoi protagonisti suggeriscono che ogni crisi costituisce un’occasione unica per sovvertire pensieri cristallizzati e aprirsi a nuove concessioni di fiducia, per poi scoprire che, nel nuovo gioco, si è tutti vincitori.

L’azione generativa prende spesso avvio nel momento in cui si è capaci di assumere un’altra prospettiva, di guardare le cose – i problemi, soprattutto – con altri occhi. La generatività è reinterpretazione della situazione che apre nuove possibilità per l’azione, cogliendo le potenzialità presenti in essa e le interpellazioni che ne provengono in termini, per esempio, di partecipazione corresponsabile alla ricomposizione dei legami e al miglioramento della convivenza, fino ad innescare azioni innovative del sociale attraverso il sociale.
La prima sperimentazione porta con sé tante sorprese, vere e proprie eccedenze di valore: nuove relazioni e legami, nuove aperture fiduciarie, nuove prospettive di intervento, nuova coesione sociale.
Anzitutto la bella scoperta delle potenzialità delle famiglie straniere. I nuclei immigrati che si sono dichiarati disponibili all’affido, famiglie già ben inserite nel contesto cremonese, dichiarano di vedere in questa scelta la possibilità di rendersi meno invisibili e dimostrare la propria affidabilità, come persone e cittadini. Spesso si tratta di nuclei non particolarmente agiati dal punto di vista economico, eppure la disponibilità all’apertura è non raramente maggiore di quella delle famiglie italiane.
L’esperienza porta in dote anche una grande ricchezza metodologica nel lavoro sociale, dove la sintonia tra servizio pubblico e risorse dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione hanno consentito di mettere attorno ad uno stesso tavolo professionalità, competenze, linguaggi ed esperienze diverse che si sono integrate e hanno generato nuovi modelli di intervento con i quali non si potrà non fare i conti in futuro. La soluzione “affido multiculturale potenziato” costituisce anche un notevole risparmio economico per il budget comunale che può indirizzare in modo più equilibrato le decrescenti risorse e al contempo mantenere vivo e fecondo il dialogo con la società civile e la sua libertà creativa di immaginare sempre nuove modalità di ritessere il sociale.

Gallery