Scrive il filosofo francese Bernard Stiegler in quello che è considerato il suo manifesto di pensiero:
Non si tratta comunque, in nessun caso, di denunciare la strumentazione del sapere […]. Bisogna, al contrario, porre in principio che ogni forma di sapere suppone una strumentazione: una tecno-logica, che la supporta e la condiziona. […] Le attuali tecnologie dell’informazione e della comunicazione diventate digitali, che costituiscono la base delle industrie cognitive e culturali, sono le nuove forme di hypomnémata e perciò i nuovi strumenti del pensiero. Proprio come la stampa permise la comparsa di quei libri dei conti […] che inaugurarono l’era di una compatibilità razionale e quindi del capitalismo che descrive Max Weber e, allo stesso tempo, rese possibile (nel corso del XVIII secolo) la repubblica delle lettere e perciò una nuova epoca dello spirito – lo spirito dei Lumi –, le attuali tecnologie di controllo creano ugualmente, a loro volta, le condizioni di una critica di tale controllo, ossia di una rinascita dello spirito. Questo cambiamento dipende dalla nostra capacità […] di far nascere da tali tecnologie ciò di cui esse sono portatrici, ossia la promessa di un nuovo stadio del processo di individuazione attraverso lo stadio più recente di quel processo di grammatizzazione di cui esse consistono
Bernard Stiegler (2012), Reincantare il mondo, Orthotes, Napoli, pp. 143-144.
L’apparente complessità del passaggio qui citato può essere sciolta ponendo in evidenza due punti fondamentali i quali, a loro volta, possono essere utilizzati come chiave di lettura del caso dell’Ecomuseo Urbano “Mare Memoria Viva”.
In primo luogo, secondo Stiegler, ogni processo di costruzione di un sapere collettivo richiede una strumentazione tecnologica che lo supporti e lo accompagni; un hypomnémata, per usare un termine di derivazione greca, cioè un supporto per la memoria. Dalle pitture rupestri alla scrittura, dalla stampa alla fotografia, fino ad arrivare alle tecnologie digitali, ogni epoca storica ha dovuto fare i conti con un nuovo stadio del processo di grammatizzazione; di quel processo, cioè, di crescente parcellizzazione, esteriorizzazione e riproduzione dei saperi e delle conoscenze prodotte socialmente.
In secondo luogo, continua il filosofo francese, in ogni epoca queste nuove tecnologie hanno reso possibile non solo un avanzamento del processo di razionalizzazione dei saperi e delle conoscenze ma, allo stesso tempo, hanno supportato una serie di processi di critica, capaci di metterne in discussione l’unilaterale utilizzo alienante. Detto altrimenti, se, da una parte, ogni nuova tecnologia ha comportato storicamente un passo avanti nella capacità di controllare la produzione e la riproduzione dei saperi, delle conoscenze e, più in generale, della memoria sociale, dall’altra parte, essa ha altresì aperto nuovi processi di individuazione psichica e collettiva, in grado di dare vita ad una “rinascita dello spirito” e, di conseguenza, a nuove forme di legame sociale.
Alla luce di queste due osservazioni, come possiamo leggere il processo di rigenerazione urbana avviatosi nel 2011 lungo il litorale di Palermo? Per un verso, abbiamo una città che, trascinata in ripetuti tentativi di modernizzazione dall’alto, ha progressivamente perso il contatto con la propria storia e le proprie tradizioni; per un altro verso, invece, abbiamo il mare e tutto un mondo di racconti, usanze, mestieri, simboli ma anche di suoni, sapori e odori custoditi da lungo tempo in persone, oggetti e luoghi. Una città senza memoria di sé e una memoria senza più città, potremmo dire.
Alla luce di ciò, il progetto Ecomuseo Urbano può essere visto come un tentativo. Il tentativo di rimettere assieme quello che è sempre stato assieme ma che oggi non lo è più: la città e la sua memoria. Il progetto, tuttavia, fa questo in modo nuovo, accompagnando cioè un processo di individuazione territoriale proprio grazie alle nuove possibilità dischiuse dal processo di grammatizzazione digitale
Quelle che sono sovente considerate tecnologie di deterritorializzazione e di globalizzazione, in “Mare Memoria Viva” vengono, infatti, piegate alla creazione di un racconto corale; una narrazione collettiva capace di saldare la memoria storica con la città presente e – lavorando soprattutto con le scuole – con quella che sarà la città delle generazioni future.
Proprio in questo senso quella grande “mappa di comunità” che è il geoblog costituisce il vero emblema di questo percorso teso a rilegare la città presente e la sua memoria storica attraverso la tecnologia digitale. Non solo, infatti, la costa frastagliata del litorale palermitano viene “aumentata” dalle fotografie, dai video e dai testi raccolti attraverso un lungo processo di esplorazione del territorio ma assume la forma di un vero e proprio “archivio contributivo” cui chiunque può partecipare narrando un angolo di città e, allo stesso tempo, riscoprendo la propria identità personale e collettiva. Un processo di individuazione psichica e collettiva sostenuto dal processo di grammatizzazione in piena regola, per ritornare a Stiegler.
Forse, in fondo, la vera sfida della nostra epoca è proprio questa: saper utilizzare le possibilità offerte dagli strumenti che l’innovazione tecnologica ci mette a disposizione per una “rinascita dello spirito”, sia a livello di singoli individui che a livello di comunità. Con la forza del suo esempio “Mare Memoria Viva” ci dimostra che questo è possibile.