Trasformare il segno meno in segno più può sembrare un’operazione magica, un po’ come trasformare un sasso in oro. Forse per questo, quando si parla di attività economica, ci si chiede spesso se sia realistico pensare di trasformare ciò che è marginale in vantaggio competitivo. Cauto, una rete di cooperative di Brescia, con 350 dipendenti, che trasforma i più diversi scarti – da quelli industriali al cibo – in risorse, rigenerate grazie al lavoro di chi viene così reinserito, fa dire: “Ecco!”. Ecco, è possibile creare valore trasformando in opportunità e risorsa – in oro – ciò che è considerato marginale dall’economia – il sasso. E non nell’attività speculativa, in cui troppo spesso un falso oro profitta solo a chi lo crea, ma in un’attività assolutamente reale e trasparente, che trasforma oggetti. Cauto mostra che il segno meno diventa più se nell’attività delle imprese si “tengono insieme” valore sociale, economico e ambientale.
Ovvero, se si considera che il valore che influisce sul risultato dell’impresa e che risulta dall’attività dell’impresa è un valore composito, plurale, che nella letteratura economica e manageriale del dopo-crisi viene definito valore condiviso. “Shared value”, lo chiamano Porter e Kramer, per indicare che si tratta di un valore che non è né solo economico, né solo sociale. Essi sostengono che il vero vantaggio competitivo dell’impresa del dopo-crisi sia la sua capacità di creare valore misto, plurale, condiviso. E parlano di questa impresa come di un nuovo modello di business incentrato sulla rigenerazione dei diversi tipi di risorse.
Ora, Cauto è sul mercato da oltre vent’anni. Ma non era pensabile prima della crisi che i guru del management si accorgessero della porosità dei confini tra economico e sociale: avevano promosso come dominante il modello di impresa che produce un solo tipo di valore, quello finanziario a spese di altre dimensioni del valore. Che depreda il territorio, impoverisce l’ambiente, non valorizza le risorse umane e, così facendo, trasforma, per restare nella metafora, l’oro in sassi, il più in meno. Che crea, in breve, una realtà insostenibile, oltre che invivibile, perché impoverisce progressivamente le risorse su cui basa la sua produzione. In Cauto colpisce, in particolare, la valorizzazione delle risorse umane, che si realizzano proprio producendo questo valore plurale. Valore che restituisce a chi lo crea il senso profondo del proprio lavoro come contributo al contesto in cui vive.
In un momento in cui tanti si trovano a chiedersi che senso abbia il proprio lavoro e quale contributo portano al mondo, il valore condiviso diventa, oltre che profittevole, fortemente motivante. La passione per il proprio lavoro sta insieme, in Cauto, ad una spinta all’innovazione, all’apprendimento continuo che porta alla creazione di servizi sempre nuovi che risolvono i problemi emergenti sul territorio, alla costruzione di una rete di progetti e collaborazioni. La passione diventa dinamismo e il dinamismo fa sì che le cose accadano. E rinnova questa magia così reale da investire lo scarto e portarlo ad essere risorsa in un’economia circolare. Il valore plurale che viene creato circola tra le persone, ma anche tra queste e le generazioni future. In forma di beni ambientali ed economici, di legami e di cultura, in particolare la cultura del guardare le cose da un altro punto di vista.