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Come puoi amare qualcosa che non conosci?

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La mia storia di vita italiana è iniziata nove anni fa, nel momento in cui io e il mio futuro marito lombardo, Enrico, abbiamo deciso di mettere su famiglia nelle terre bresciane. E’ stata una decisione molto difficile da prendere, specialmente perché sapevo a cosa aspettarmi, avendo preso il polso della realtà italiana nei viaggi compiuti durante i due anni di fidanzamento a distanza. Io là con il mio lavoro di giornalista al quotidiano «Agenda Zilei» di Arad (Romania) e lui a Brescia con la sua professione di impiegato.

A parte l’amore per il mio marito, Italia mi ha conquistato subito con le sue bellezze architettoniche, artistiche, monumentali e paesaggistiche impregnate di storia antichissima. La ricchezza di antichità della Penisola è sbalorditiva, soprattutto se paragonata alla Romania dove poco del patrimonio antico è sopravvissuto. «La Leonessa», conosciuta tale per i versi di Carducci, è un gioiello nascosto che aspetta ad essere scoperto. Non si svela a chiunque, bisogna mostrarle del vero interesse per essere poi ripagati. Ero stupita e ferita quando sentivo bresciani che mi dicevano: «A Brescia non c’è niente!» Subito prendevo le sue difese essendo sicura che le lamentele arrivavano da chi la città non la conosceva affatto.

E’ vero, come puoi amare qualcosa che non conosci? E’ proprio questa domanda che si è fatta Giuseppina Conte Archetti, la presidente dell’Associazione Amici del FAI, cinque anni fa, quando ha messo in piedi il noto e apprezzato progetto «Arte, un ponte tra culture» dedicato ai cittadini stranieri che hanno adottato Brescia come la loro nuova città di residenza. Cinque anni fa mi trovavo a lavorare faticosamente in una catena di montaggio di prodotti medicali con il sogno nascosto nel cassetto di poter riprendere la mia professione negatami in Italia per via del percorso impossibile di riconoscenza degli studi. Leggendo quotidianamente i giornali avevo trovato l’inserzione che annunciava l’apertura del progetto pilota di formazione dei mediatori artistico culturali. Ho colto l’occasione e ho inviato speranzosa la domanda di iscrizione. Per la mia soddisfazione sono stata accettata, malgrado il numero alto di candidati.

Aspettavo con emozione la prima lezione ed è stata una sorpresa avere l’intero mondo in una stanza con rappresentanti dell’Africa, Asia, America del Sud e America del Nord ed Europa. Per districarsi tra i Paesi ci serviva l’atlante in modo da visualizzare correttamente le origini dei miei compagni di corso. Conoscere tante persone di lingue e origini diverse è stato per me, come anche per i miei compagni, una grande scoperta. Tutte le informazioni che avevo acquisito sugli altri popoli, siano loro solo europei, è avvenuto attraverso libri, riviste o giornali, ma mai direttamente. In realtà nemmeno l’Italia non la conoscevo ancora molto bene come ora.

Il corso di cultura locale ci ha svelato l’affascinante storia di Brescia facendoci capire la complessità della storia e del popolo italiano. Uniti dalla lingua di Dante e dalla passione per l’arte abbiamo condiviso informazioni su noi stessi, sulle nostre origini, sul perché abbiamo scelto di vivere nella Penisola e sulle difficoltà che si affrontano nell’essere immigrante. Il percorso in aula e per le vie della città non è stato solo una semplice formazione a fine sé stessa, ha rappresentato molto di più. Dopo aver ricevuto gli attestati di partecipazione, ci siamo presentati con qualche premura davanti al pubblico con l’occasione della Giornata FAI di primavera come il gruppo dei mediatori artistico culturali, volontari in grado di illustrare ai bresciani l’affascinante storia del Castello di Brescia, del Quartiere del Carmine, la stratificazione del Palazzo Martinengo Cesaresco. Quanta fiducia ci ha insufflato il successo raccolto. Ci ascoltavano con ammirazione e visibile sorpresa nel vedere quante cose noi stranieri sapevamo sulla città.

Sono passati cinque anni dal primo corso ed è evidente che la condivisione di esperienze piacevoli ci ha portato pian piano a dare nascita a legami di amicizia. Ci vediamo regolarmente e poi attraverso un gruppo segreto sui social network condividiamo aggiornamenti sul nostro stato. Abbiamo creato anche una pagina pubblica su Facebook: Mediatori culturali bresciani, dove pubblichiamo informazioni sulle visite guidate condotte al Museo Santa Giulia (grazie ad una collaborazione con la Fondazione Brescia Musei), oppure altri tipi di informazioni di vario interesse. Dai corsi organizzati a Brescia ci sono una trentina di mediatori attivi che ogni anno partecipano con grande entusiasmo alle Giornate FAI di primavera. Siamo tutti volontari, perché l’intero devoluto va alla Fondazione Ambiente Italiano per mettere in atto le azioni di salvaguardia del patrimonio storico-artistico.

Data la mia costante presenza e continuo impegno nel gruppo dei mediatori, la presidente dell’associazione mi ha nominato coordinatrice, essendo riconosciuta come tale anche all’interno del gruppo. Molti di noi pensavano che il corso potesse offrire una prospettiva di lavoro, ma questo come si sa viene meno per via dei titoli di studio non riconosciuti e allora in molti ritornano all’università. Non ci ha aiutato direttamente ad inserirsi nel mondo lavorativo, ma ha aperto un nuovo mondo di relazioni italiane ed multietniche che ha portato ad uno scambio importante di informazioni. Personalmente sono stata fortunata, mi è stata riconosciuta la professione esercitata nel Paese di origine e da poco sono diventata giornalista professionista anche sul territorio italiano. Fare rete conoscendo persone di varie nazioni aiuta enormemente, anche perché all’interno del gruppo abbiamo anche italiani. In realtà tutti ci sentiamo più italiani che stranieri senza dimenticare le nostre origini che a nostro avviso sono una ricchezza e non un impedimento verso gli altri. La lungimiranza del progetto «Arte, un ponte tra culture» va riconosciuta e io sono fiera di essere stata parte del primo corso in assoluto. Dopo Brescia è sbarcato a Milano, Bologna, Ferrara, Napoli, ed ora più che mai – dato il movimento di massa e la paura che nasce verso il diverso – sarebbe necessario implementare azioni per integrare attraverso la bellezza di cui l’Italia è la più ricca del mondo.