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“Arte, un ponte tra culture”

Cornici e orizzonti

di Elena Modenesi

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Lo spazio che ci circonda è frutto e al contempo sintesi di elementi materiali e immateriali. Ogni territorio è infatti composto da componenti naturali modellati dall’uomo, che ha reso l’ambiente funzionale alle proprie esigenze, e da componenti soggiacenti – ideali, valori, credenze, relazioni di potere – che si rivelano nei modi e nelle forme in cui l’ambiente è stato plasmato (Turri, 1974).

I luoghi, dunque, non sono spazi neutri, ma svelano indizi importanti sull’identità degli uomini che li hanno delineati. “Nel paesaggio ogni cultura si identifica, trova rispecchiata se stessa: il paesaggio parla”, scriveva Turri (Turri, 1974, p. 139). Un luogo è pertanto scenario materiale e simbolico di un’identità personale e collettiva dove le pratiche ripetute e tramandate portano alla creazione e al consolidamento di un senso di appartenenza alla comunità che li ha creati ed ereditati (Castiglioni e De Marchi, 2009). Saper riconoscere i luoghi e il mondo simbolico che li attornia, permette dunque, di sviluppare un attaccamento verso di essi e un senso di appartenenza alla comunità.

Proprio per queste sue caratteristiche il territorio può trasformarsi anche in elemento di esclusione, come ha sottolineato l’antropologo Ernesto De Martino, il quale ha definito “spaesamento” quel senso di smarrimento e perdita che si prova quando si perdono i propri punti di riferimenti spaziali e territoriali (De Martino, 1977).

La sensazione di sradicamento indotta dalla migrazione richiama in maniera decisa lo “spaesamento”, evocando quel senso di inadeguatezza che si sperimenta quando non si riconoscono luoghi, persone e situazioni e non si viene, a propria volta, riconosciuti. Il rischio nelle odierne società globalizzate dove gli spostamenti e le migrazioni sono parti strutturali, è che anche i luoghi tradizionalmente intrisi di significati identitari, storici, relazionali, si trasformino per migliaia di cittadini di origine straniera che abitano nelle nostre città, in non luoghi antropologici[1]. Per chi è nato in un determinato luogo, infatti, gli elementi immateriali che lo compongono sono spesso assunti come scontati – ad esempio il significato di una piazza, la funzionalità di una basilica piuttosto che di una pieve, la ragion d’essere di una statua, la scelta di materiali e colori di un palazzo – poiché sono patrimonio culturale di quel posto e dei suoi abitanti, tramandati di generazione in generazione. Per chi arriva “da fuori”, da luoghi lontani sia da un punto di vista geografico che culturale, invece non è sempre immediato attribuire un significato a luoghi altri, a luoghi di altri, e sentirsi parte di essi.

Se venire al mondo in un determinato luogo significa nascere all’interno di una specifica identità sociale e culturale, è anche vero che ogni identità è creazione quotidiana (Remotti, 2001). Abitare un luogo, seppur estraneo, è anche viverlo giorno dopo giorno, entrare a fare parte di esso, contribuire a rivitalizzarlo, a re-delinearlo, attribuendogli anche nuovi accezioni, usi e prospettive attraverso le proprie scelte e il radicamento delle proprie abitudini. Lavorare in una città, come avviene per molti migranti, significa quindi scoprirla ma anche contribuire a crearla, rimodellarla, insieme alle altre persone che la vivono, plasmandone continuamente l’identità in una contaminazione fluida e mutua, producendo, insieme, nuovi codici culturali e orizzonti di senso.

Sono proprio le società globalizzate di oggi a prestarsi come terreno fertile per sperimentare questo incontro di diversità attraverso dinamiche interpersonali e interculturali, dando modo e spazio a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro luogo di origine, di essere parte attiva nel processo di costruzione dell’identità personale e collettiva. Come ribadito da alcune moderne teorie relative al concetto di cittadinanza[2], vivere in uno stesso territorio, il medesimo quartiere o la stessa città, condividerne le medesime problematiche ed essere parte delle possibili risorse, è infatti il requisito per il diritto-dovere alla partecipazione civica.

In questa cornice di senso si inserisce il progetto “Arte, un ponte tra culture” che, attraverso il coinvolgimento di cittadini di origine straniera nella valorizzazione del patrimonio culturale italiano, dimostra come il territorio possa davvero essere uno strumento a disposizione della collettività per la creazione e l’implementazione di pratiche interculturali, dove tutti cittadini possono essere protagonisti nella rivitalizzazione della città, prendendosi cura di essa e contribuendo ad arricchirla, offrendo il proprio personale contributo, peculiare proprio perché dato anche dalle differenti origini, esperienze, competenze e sensibilità.

Le parole di Ali, un signore tunisino che ha partecipato al primo corso di formazione bresciano, esprimono più di molte teorie il valore del progetto: “Se non avessi fatto il corso, non avrei mai nemmeno pensato di vedere quelle cose, però dopo che ho fatto il corso, io personalmente ho dato più interesse a certe cose che magari prima vedevo e per me non significavano niente. Poi siamo cresciuti e ha avuto più senso la mia esistenza. Ho cominciato ad essere più partecipe e so qualcosa della storia d’Italia. Prima ero qua, aspettavo sempre la mia busta paga e nient’altro, poi ho fatto quel corso e c’è stato un cambiamento, uno sviluppo. Sono un uomo di cinquant’anni, non un bambino: è stato importante […] Adesso partecipo alle attività dell’associazione perché prima di prendere bisogna dare…” (Modonesi, 2013, p. 179).

Riferimenti bibliografici

Arcomano, V. Azione educativa e adulti migranti. Il patrimonio culturale come contenuto e metodo per l’integrazione, Insieme, Bari 2011.

Augé, M. Non luoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, trad. it Eleutera, Milano 2000.

Castiglioni, B e De Marchi, M. (Eds), Di chi è il paesaggio?, CLEUP, Padova 2009.

De Martino, E. La fine del mondo: Contributo all’analisi delle apocalissi culturali. Einaudi, Torino 1977.

Modonesi, E. Volontariato: agente di convivenza nella società multiculturale. La persona di origine straniera tra formazione e partecipazione al volontariato, Tesi di dottorato, in https://aisberg.unibg.it, 2013.

Tolya-Kelly D. P., Landscape, Race and Memory. Material Ecologies of Citizenship, Ashgate 2010.

Turri, E. Antropologia del paesaggio, Marsiglio, Venezia 1974.

Withol De Wenden, C. La nouvelle citoyenneté. In “Homme et Migration” n.1196, marzo 1996.

Zamperini, A. et Al. Cittadinanza psicologica e ostracismi quotidiani: essere il partner straniero di coppie miste in Italia. In “Cittadinanza attiva, multiculturalità, immigrazione”. Melagrana, Città di Castello 2012


[1] Non luoghi che Marc Augé individuava invece prettamente nei luoghi di passaggio, materiale e immateriale, dove le persone si incontrano senza interagire e riconoscersi, come i mezzi di trasporto, i luoghi di transito, le mega strutture per gli acquisti di massa e il tempo libero, le connessioni cablate. (M. Augé, 2000).

[2] V. “Cittadinanza di prossimità” (Withol De Wenden, 1996), “Cittadinanza ambientale” (Tolia-Kelly, 2010), “Cittadinanza psicologica” (Zamperini et Al., 2012). Accezioni di cittadinanza non basate sullo status, ma sul ruolo sociale e la pratica.

Note

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