Il denaro è una delle invenzioni umane più affascinanti: con la capacità seduttiva della sua inespugnabile ambiguità ci aiuta e ci esclude, realizza la nostra capacità di contare, di misurare, di accumulare, ci fa vedere senza essere visto. Sant’Agostino lo aveva già intuito: si tratta di un’amante volubile e implacabile: se vorrai comprare una villa per legare a te il denaro, “non avrai dunque la villa e la villa non avrà te”.
Col denaro, lo sappiamo bene, abbiamo da tempo superato la distinzione tra mezzi e fini, anzi, essendo il denaro mezzo dei mezzi, non può che essere fine di ogni mezzo.
E quando diventa solo un fine, anche di questo ne abbiamo fatto atroce esperienza, assume le sembianze di un potentissimo strumento di distruzione, di morte. La speranza nella capacità del denaro di riprodursi e autoprodursi diviene un presagio fosco che scatena pulsioni autodistruttive e mortali. In “God we trust”, è la scritta che campeggia su ogni dollaro americano: ma in chi o in che cosa abbiamo davvero fiducia?Fino a poco tempo fa avevamo fiducia nelle istituzioni che garantivano il passaggio da denaro a moneta. Avevamo fiducia nelle Banche Centrali, l’espressione più forte e “accreditata” dell’autorità nazionale. E se il nostro paese non era troppo affidabile, ci fidavamo degli Stati Uniti.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale il biglietto verde è diventato la moneta delle monete, la pietra di paragone delle pietre di paragone, il mezzo di scambio universale. E il dollaro americano è ancora oggi la moneta attraverso la quale si scambiano le principali commodities, il petrolio in primis, ma anche il caffè, il cacao, l’oro e così via.
È in questi momenti che sentiamo tutto il peso dell’animal spirit che Keynes aveva indicato a causa del mimetismo e dell’irrazionalità dei mercati, ovvero al Disagio della civiltà, per citare un celebre saggio di Freud.
L’ubriacatura dei momenti di espansione capitalistica non può che essere seguita dalla solitudine e dall’amara presa di coscienza dell’avere dimenticato la centralità della relazione, come principio della nostra stessa esistenza, per richiamare Martin Buber. Nei momenti di crisi, feroce e crudele, come quella che stiamo ormai vivendo dal 2007 si generano idee e strumenti, ma soprattutto beni relazionali. La moneta complementare serve proprio a questo: a riportare l’economia embedded nella società, a ritrovare la radice antropologica della relazione debito-credito che costituisce il fondamento della possibilità di una vita comunitaria (munus). L’esperienza del Sardex.net nasce in questo contesto: un territorio ferito, che si sentiva abbandonato dalle istituzioni, costituito da legami storici e biogeografici intensi, ma che stavano via via frammentandosi e perdendo fiducia, ma che ha voluto scommettere sulla propria capacità di reagire e ritrovare senso nel lavoro, nella abilità di fare impresa, nella creatività che genera socialità e relazione.Il circuito Sardex.net nasce da un’idea di tre ragazzi sardi che, finita l’università, si sono ritrovati e si sono detti: – “Siamo tutti nella stessa barca e stiamo andando verso un dirupo: mettiamoci a remare insieme dall’altra parte.
O almeno proviamoci”- e hanno iniziato a porsi delle domande e a riflettere sul rapporto tra identità e moneta e tra identità e comunità. Invece di gettare la spugna e lasciare la Sardegna, come la maggior parte dei loro coetanei, hanno studiato e si sono messi in discussione, hanno coinvolto fratelli maggiori che, contagiati dalla concretezza del loro entusiasmo, hanno contribuito a realizzare il loro progetto: un circuito finanziario complementare capace di generare scambi e relazioni, conoscenza e voglia di investire ancora e credere nella propria professionalità.
Il circuito commerciale Sardex.net è divenuto in questi pochi anni di vita uno strumento di aggregazione tra imprese, che si fonda sul ruolo centrale dei broker, veri e propri mediatori relazionali che oltre ad incrociare la domanda e l’offerta di beni e servizi tra le imprese associate, contribuiscono a creare fiducia. Il Web fornisce un’infrastruttura capace di gestire i conti e di rendere trasparenti i flussi, ma sono le persone a costruire lo scambio e i beni relazionali conseguenti.
Il circuito Sardex.net sembra quindi un esempio generativo di innovazione sociale che, grazie alla concretezza della relazione, diviene strumento di conoscenza e di solidarietà sociale. Non si tratta quindi di una contrapposizione alle proposte delle istituzioni, come in qualche caso è stato rimproverato alle monete complementari, quanto piuttosto un bisogno di vita pubblica che le istituzioni, da sole, non riescono a soddisfare, perché, per tornare ancora a Buber, l’uomo è una fitta trama di rapporti e relazioni che si esprime in unità, azione e futuro.
Anna Cossetta
[1] Per una più ampia trattazione circa le monete complementari e alternative si veda Cossetta A. “La moneta non convenzionale” in (a cura di) Arvidsson A., Giordano A., Societing Reloaded, Egea, Milano, 2013.