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Le monete complementari

di Redazione

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Questo mese ci occupiamo di monete complementari. Cosa sono, come nascono, ma soprattutto a quale bisogno rispondono all’interno di un mercato che ha scelto la moneta unica?

Non è un caso che la questione riaffiori in questo peculiare momento storico. E’ la crisi che, minando il benessere economico e mettendo in tensione le legature sociali, porta all’emersione nuovi interrogativi circa l’inevitabilità delle scelte compiute fino ad oggi in campo monetario e va ad incrinare consolidate certezze rispetto ai modi in cui si è pensato e organizzato il mercato, la moneta e la circolazione del valore.

Proviamo a tratteggiare sommariamente gli elementi in gioco.

La crisi e i suoi impatti. Negli ultimi anni, la crisi – dapprima finanziaria, poi economica e quindi sociale – ha ridimensionato fortemente le disponibilità monetarie di individui, famiglie ed imprese. Se cala il lavoro e diminuiscono le entrate, implodono anche i consumi. La liquidità circolante si riduce, le possibilità di spesa decrescono e si rimettono nel cassetto tanti progetti posticipandoli a tempi migliori. Non si intraprende, non si investe, non si innova. Come rimettere in moto l’economia?Il credito. Il credito è la linfa dell’attività economica. E’ possibile fare impresa, è possibile produrre innovazione, quando si hanno risorse da investire.

E se queste ultime non sono disponibili, si cercano a prestito. Oggi però il credito risulta poco accessibile e comunque è sempre caricato da pesanti tassi di interesse.La moneta unica. Nella storia dei mercati, per molto tempo hanno convissuto monete diverse. L’approdo alla moneta unica è l’unica soluzione possibile? Cosa si guadagna e cosa si perde?La fiducia e l’intrapresa. Altro fattore fondamentale per la floridità dei mercati è la fiducia. Fiducia nel buon fine della propria azione, fiducia nell’altro con cui mi rapporti all’interno di uno scambio più o meno regolamentato. Minori sono i vincoli procedurali più rapidi e meno onerosi si rivelano le transazioni. Diversamente, quanto maggiori sono i vincoli imposti dalla necessità di rendere ordinato e quindi prevedibile lo spazio degli scambi, tanto minore sarà la libertà dell’agire e più elevati i costi di transazione. In questo quadro, la fiducia funziona da fluidificatore degli spazi azzerando la necessità di ricorrere a sistemi di controllo e di regolamentazione.

La fiducia però è merce rara. Essa può essere rintracciata solo all’interno di relazioni testate nel tempo o facilitate dall’esistenza di sistemi di aspettative in grado di rendere sufficientemente prevedibile il comportamento dell’altro. Come rigenerare oggi il capitale fiduciario incarnato nei territori e nelle comunità?I bisogni. La mancanza di liquidità non significa affatto l’inesistenza di bisogni individuali, familiari, delle imprese e delle istituzioni. L’indisponibilità monetaria o di facile accesso al credito è un problema, poichè inibisce la possibilità di rispondere alle esigenze di bene e di benessere di persone e comunità, frustrando ogni iniziativa e appiattendo la possibilità di cambiamento.Le potenzialità inespresse. Ogni individuo, organizzazione, territorio custodisce potenzialità incredibili di sviluppo che rischiano di restare inespresse in mancanza di un sistema creditizio pensato a servizio di quelle stesse persone e comunità. Quale meccanismo può risultare più efficace a far emergere e rendere circolante e condiviso il valore che rischia di restare inespresso?E’ all’interno di scenari di questa natura che si inseriscono le iniziative finalizzate a sviluppare strumenti di facilitazione creditizia e di riattivazione dell’economia locale.

Anna Cossetta, dell’Università di Genova ci aiuta ad illuminarne il punto di caduta attorno allo sganciamento tra economia reale e quella finanziaria, tra economia e società e alla drammaticità delle sue conseguenze sulla vita delle persone.

Negli Stati Uniti si sta assistendo a una significativa diffusione delle monete locali. Secondo una ricerca del Prof. Ed Collom dell’Università del Southern Maine, queste ultime nascono nelle città demograficamente più giovani, connotate da alti indici di povertà e dalla presenza di nuclei familiari a basso reddito, da un tasso elevato di lavoratori autonomi e da forti tassi di disoccupazione.Le monete complementari sembrano nascere più facilmente là dove si avverte con forza la necessità di ristabilire delle relazioni di reciprocità tra la sfera dell’economia e quella del sociale, tra le persone e i gruppi sociali che un certo modello economico slega, divarica, polarizza.“Nei momenti di crisi, feroce e crudele, come quella che stiamo vivendo dal 2007 si generano idee e strumenti, ma soprattutto beni relazionali” , suggerisce Cossetta.

E’ questa in fondo la radice di Sardex, un circuito di credito fiduciario nato in Sardegna e divenuto un caso esemplare tra le monete complementari per la robustezza della proposta e la concretezza dei suoi risultati a livello economico, sociale e relazionale.Il video ripercorre la storia di Sardex: le motivazioni che lo accompagnano sottolineano fortemente la necessità di “riportare l’economia embedded nella società”, ancorando nuovamente l’economia alla vita concreta delle persone e valorizzando il potenziale inespresso.

La scommessa di Sardex è quella di riaffermare la funzione della moneta quale mezzo di scambio e non fine ultimo, oggetto di accumulazione e di conservazione.Ed è questa, infatti, l’unica possibilità per il denaro di essere produttivo, quello di ritornare ad essere mero intermediario, indica Luca Fantacci dell’Università Bocconi di Milano nel suo contributo. “Per sua natura il denaro non è in sé generativo. (…) Il denaro genera solo nella circolazione”.

La questione, come sottolinea Fantacci, non è morale, ma anzitutto economica: “Il peccato originale sta nell’aver concepito e costruito il denaro come una riserva di valore, come un oggetto di proprietà piena ed esclusiva, (…) come un credito vantato verso tutti”.Le monete complementari, andando a ripensare daccapo il ruolo della moneta e ristabilendo un nuovo equilibrio tra creditori e debitori, stanno dimostrando con i fatti che un altro modello è possibile.

Redazione