Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Fare comunità come risposta alla crisi del lavoro

La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo è un’organizzazione senza scopo di lucro che opera per promuovere lo sviluppo sociale ed economico nelle province di Padova e Rovigo.

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Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Istituzione

Padova

www.fondazionecariparo.it

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo | Fare comunità come risposta alla crisi del lavoro

Nel 2009 la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo decide di dare vita ad un primo fondo di solidarietà destinato a sostenere le famiglie delle due province colpite dalla perdita del lavoro ma prive di ammortizzatori sociali.

La crisi colpisce duramente e dopo decenni di tendenziale crescita e di benessere diffuso la cosiddetta “locomotiva d’Italia” si trova disorientata a gestire il fenomeno della perdita del lavoro e della sua precarizzazione. Significativo il numero delle imprese che si avviano alla chiusura; aumenta inesorabile il numero di disoccupati; cresce una domanda sociale che avanza bisogni concreti e difficilmente dilazionabili: utenze, affitti, la spesa.

Da dove nasce l'idea

Il progetto prende avvio nell’ottica di rispondere al crescente flusso di richieste ma la verifica del primo anno di lavoro fa emergere una sostanziale insoddisfazione da parte degli operatori.

Per gestire concretamente l’ascolto delle persone in difficoltà e gestire la distribuzione dei contributi in denaro la Fondazione si appoggia – tramite le Diocesi – alla Caritas la quale, oltre alle attività e alle competenze dei volontari, mette a disposizione le risorse derivanti dall’8 x mille. Tuttavia, l’aiuto offerto – se utilissimo nell’immediato - non genera nulla. Si prende così atto che la distribuzione di contributi in denaro non tocca il cuore del problema, né può rappresentarne la soluzione. Questa riflessione porta ad un significativo riorientamento progettuale.

“Il fondo è partito come prima risposta alla crisi che abbiamo intercettato sui nostri territori, ma abbiamo fatto fatica a recuperare le opportunità lavorative. E’ dovuto scattare nei volontari il dovere di andare concretamente a bussare azienda per azienda, comune per comune, associazione per associazione per segnalare questa opportunità.”

Luca Facco, Direttore della Caritas diocesana di Padova

La Storia

Parte così la fase due: non più un sostegno in denaro ma un accompagnamento nella ricerca del lavoro.

Concretamente ciò significa offrire la possibilità di accedere a percorsi di formazione a cui fanno seguito i tirocini in azienda grazie alle costituzione di borse lavoro. Vi è dunque una scelta chiara nel senso della promozione e capacitazione delle persone.

La rete sostenitrice del progetto intanto si irrobustisce, dandosi una struttura sempre più articolata che comprende pubblico e privato. Oltre agli enti promotori aderiscono le Province, le Camere di Commercio di Padova e Rovigo, la Fondazione Antonveneta e il Consvipo, il Consorzio per lo Sviluppo del Polesine. 

Il lavoro si articola tra i volontari della Caritas che incontrano e ascoltano le persone in cerca di lavoro, i servizi sociali e i centri per l’impiego che si inseriscono nell’accompagnamento, le associazioni di categoria e le parrocchie che fungono da sensibilizzatori. Dunque la rete si allarga ma anche si addensa. Le trame sono sempre più fitte.

Alla fine del 2010, una nuova riprogettazione si rende necessaria: se la domanda di lavoro è stata presa in carico ed accompagnata, il problema è ora evidente sul lato dell’offerta. Il numero delle aziende che si dichiara disponibile ad accogliere dei lavoratori nel quadro del progetto è infatti ancora limitato. Nonostante la grande opportunità che il fondo offre all’impresa di poter inserire temporaneamente in organico nuova forza lavoro senza oneri, poche sono le realtà economiche che si fanno avanti.

Da qui la necessità di ripensare nuovamente la filiera. Non si tratta però solo di un problema comunicativo. Si intuisce che occorre utilizzare altri strumenti, promuovendo “relazionalmente” il progetto.

Così i volontari Caritas presenti su tutto il territorio incominciano a “mappare” le proprie aree, andando ad incontrare personalmente imprenditori, artigiani, dirigenti di associazioni, commercianti, parroci per spiegare loro il progetto.

A ciò si aggiunge anche la scelta di valorizzare la persona in cerca di lavoro, motivandola nella sua stessa ricerca, dandole fiducia e sostenendola nel suo autocandidarsi – nel quadro delle opportunità offerte dalla borse lavoro – presso le aziende. Non più utente in attesa, ma soggetto che in virtù del sostegno ricevuto incomincia nuovamente ad attivarsi. L’introduzione dei voucher – uno strumento snello e flessibile da utilizzarsi per piccoli lavori sociale – diventa l’occasione per far rientrare in una forma “soft” nel mondo del lavoro soprattutto le persone più fragili che – spesso demotivate – il lavoro non lo cercavano più. I piccoli interventi consentono a queste persone di uscire dall’invisibilità, di essere osservate ed apprezzate, con l’apertura di nuove possibilità di ingaggio.

Questa nuova strategia fa compiere al progetto un notevole balzo in avanti. E’ come se tutto il territorio venisse ri-conosciuto – conosciuto dal basso, attraverso l’ascolto di chi il lavoro l’ha perso e lo sta cercando ma anche di chi il lavoro sempre più fatica a crearlo – cioè i suoi imprenditori. Si raccolgono i problemi ma anche si individuano nuove risorse. La comunità locale viene ridisegnata a partire dalle sue trame connettive che vengono riattivate. Il messaggio che il Fondo intende trasmettere è sempre più chiaro – nessuno può chiamarsi fuori, poiché il benessere e la coesione si fondano proprio sul lavoro – mentre il processo che prende pian piano forma è quello di community building.

Gli aspetti generativi

La sfida è quella di creare “un di più di comunità”. Il Fondo offre una occasione straordinaria di riposizionamento di ciascuno – persona, organizzazione o ente - rispetto ad un bene superiore – il bene comune lavoro, chiedendo a tutti di fare un passo indietro – singolarmente – per farne due in avanti – insieme agli altri.

Parliamo di un territorio già molto ricco dal punto di vista civico. Il numero delle realtà associative, la partecipazione ecclesiale e civile, la grande intraprendenza a livello sociale ed economico raccontano di un’area particolarmente generosa ma, come ovunque del resto, anche qui ci si muove troppo spesso in solitaria. Le azioni sono frammentate. Si fatica a coordinarsi e a lavorare insieme.

I risultati del fondo sono incoraggianti e attraggono l’interesse di altri soggetti istituzionali che decidono di far convergere le proprie disponibilità in quello che diventa un “fondo di fondi”. Nel pieno rispetto delle peculiarità dei donatori vengono rispettate le diverse destinazioni scelte – chi sulla formazione, chi sulle borse lavoro.
La lezione del progetto sta nell’essere testimonianza dell’effetto moltiplicatore che il fondo – scegliendo la strada della costruzione di relazioni e di reti - ha avviato e che oggi continua a generare. I progetti promotori hanno però i piedi per terra. Non si pretende di rappresentare una soluzione conclusiva al problema del lavoro. Ancora molto resta da fare.
Tuttavia la valutazione del progetto non può ridursi ad una quantificazione degli interventi andati a buon fine o al numero delle borse lavoro attivate. Piuttosto ciò che occorre considerare è il lavoro di infrastrutturazione fiduciaria che il progetto ha indubbiamente contribuito a costruire. Ed è in queste nuovi reti formali o informali, operative o riflessive – divenute oggi stabili circuiti di risorse, idee, progetti, linguaggi, pratiche – che è possibile incubare un nuovo modello di crescita più integrativo, cooperativo e solidale, nell’attesa che la crisi giunga al termine. E, nel mentre, mitigarne – insieme - le sferzate.

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