Parte così la fase due: non più un sostegno in denaro ma un accompagnamento nella ricerca del lavoro.
Concretamente ciò significa offrire la possibilità di accedere a percorsi di formazione a cui fanno seguito i tirocini in azienda grazie alle costituzione di borse lavoro. Vi è dunque una scelta chiara nel senso della promozione e capacitazione delle persone.
La rete sostenitrice del progetto intanto si irrobustisce, dandosi una struttura sempre più articolata che comprende pubblico e privato. Oltre agli enti promotori aderiscono le Province, le Camere di Commercio di Padova e Rovigo, la Fondazione Antonveneta e il Consvipo, il Consorzio per lo Sviluppo del Polesine.
Il lavoro si articola tra i volontari della Caritas che incontrano e ascoltano le persone in cerca di lavoro, i servizi sociali e i centri per l’impiego che si inseriscono nell’accompagnamento, le associazioni di categoria e le parrocchie che fungono da sensibilizzatori. Dunque la rete si allarga ma anche si addensa. Le trame sono sempre più fitte.
Alla fine del 2010, una nuova riprogettazione si rende necessaria: se la domanda di lavoro è stata presa in carico ed accompagnata, il problema è ora evidente sul lato dell’offerta. Il numero delle aziende che si dichiara disponibile ad accogliere dei lavoratori nel quadro del progetto è infatti ancora limitato. Nonostante la grande opportunità che il fondo offre all’impresa di poter inserire temporaneamente in organico nuova forza lavoro senza oneri, poche sono le realtà economiche che si fanno avanti.
Da qui la necessità di ripensare nuovamente la filiera. Non si tratta però solo di un problema comunicativo. Si intuisce che occorre utilizzare altri strumenti, promuovendo “relazionalmente” il progetto.
Così i volontari Caritas presenti su tutto il territorio incominciano a “mappare” le proprie aree, andando ad incontrare personalmente imprenditori, artigiani, dirigenti di associazioni, commercianti, parroci per spiegare loro il progetto.
A ciò si aggiunge anche la scelta di valorizzare la persona in cerca di lavoro, motivandola nella sua stessa ricerca, dandole fiducia e sostenendola nel suo autocandidarsi – nel quadro delle opportunità offerte dalla borse lavoro – presso le aziende. Non più utente in attesa, ma soggetto che in virtù del sostegno ricevuto incomincia nuovamente ad attivarsi. L’introduzione dei voucher – uno strumento snello e flessibile da utilizzarsi per piccoli lavori sociale – diventa l’occasione per far rientrare in una forma “soft” nel mondo del lavoro soprattutto le persone più fragili che – spesso demotivate – il lavoro non lo cercavano più. I piccoli interventi consentono a queste persone di uscire dall’invisibilità, di essere osservate ed apprezzate, con l’apertura di nuove possibilità di ingaggio.
Questa nuova strategia fa compiere al progetto un notevole balzo in avanti. E’ come se tutto il territorio venisse ri-conosciuto – conosciuto dal basso, attraverso l’ascolto di chi il lavoro l’ha perso e lo sta cercando ma anche di chi il lavoro sempre più fatica a crearlo – cioè i suoi imprenditori. Si raccolgono i problemi ma anche si individuano nuove risorse. La comunità locale viene ridisegnata a partire dalle sue trame connettive che vengono riattivate. Il messaggio che il Fondo intende trasmettere è sempre più chiaro – nessuno può chiamarsi fuori, poiché il benessere e la coesione si fondano proprio sul lavoro – mentre il processo che prende pian piano forma è quello di community building.