Filosofo e sociologo. Insegna Sociologia dei fenomeni collettivi presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo. L’Atelier dell’Errore è una realtà artistica che ci rivela attraverso le opere dei suoi artisti, la verità di un meccanismo atavico che si riproduce di generazione in generazione nell’inconsapevolezza della sua riproduzione.
I quadri di creature mostruose e immaginarie rivelano ciò che l’antropologo René Girard nel suo libro, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo (Adelphi, Milano, 1996), ha definito il meccanismo del capro espiatorio.Le creature raffigurate nelle opere dei giovani artisti dell’Atelier dell’Errore sono la rappresentazione simbolica dei mostri, che sin dalle origini della cultura hanno legato il loro destino a quello del loro sacrificio. Il legame tra il mostro e il suo sacrificio è antico, e rimanda al meccanismo stesso del capro espiatorio.
I mostri, nostri capri espiatori Il capro espiatorio sin dall’antichità è una vittima innocente, accusata ingiustamente, ma che per gli accusatori è innanzitutto un colpevole consustanziale alla sua colpa, a tal punto che è impossibile separare questa da quello. La colpa sembra un attributo ontologico, un anatema del capro espiatorio. Gli basta essere quello che è per operare quei disastri, che fatalmente saranno poi i capi di accusa utilizzati per il suo sacrificio. L’anatema si riscontra di riflesso nell’oblio dell’indifferenza che ispira il diverso o, con un termine caro a Erving Goffman, lo stigmatizzato, che è abbandonato, ghettizzato, marginalizzato e infine escluso dalla vita sociale delle persone così dette normali. Lo stigma del capro espiatorio è avvertito con la medesima potenza di un miasma.
La parola indica in origine l’esalazione tossica contagiosa dei fenomeni di putrefazione e significa inquinamento o contaminazione, che sconvolge tutto il corso normale della vita. Nei rituali sacrificali dell’antichità, il portatore del miasma spesso è il diverso, colui il quale è portatore di un tratto distintivo che lo rende mostruoso, e perciò necessariamente sacrificabile al fine di impedire la diffusione contagiosa della mostruosità. Perché i mostri sono differenti, ma lo sono in modo inquietante, a tal punto da attrarre lo sguardo degli accusatori, secondo l’antica formula magica, per cui se una persona è un mostro, avrà pur commesso qualchecosa di mostruoso per essere tale.
Le infermità fisiche e i mostri L’inquietudine del mostruoso si coglie bene per le infermità fisiche. Il corpo è un sistema di relazioni, dove ogni parte ha un rapporto specifico con il tutto. Potremmo dire che il corpo è un sistema di differenze anatomiche in relazioni simmetriche, una parte è speculare all’altra, e complementari, le parti si completano tra loro. Se un’infermità, anche accidentale, inquieta, è perché introduce nel sistema di relazioni del corpo un’impressione di dinamismo destabilizzante. L’infermità sembra minacciare il sistema nel suo insieme, perché introduce in esso una rottura di equilibrio.
Si cerca di circoscrivere l’infermità, ma non si può; essa sconvolge attorno a sé le relazioni, che diventano mostruose, esse perdono l’equilibrio tra simmetria e complementarità, precipitano, si comprimo, si mescolano. La differenza fuori dall’ordine è inquietante, perché fa intravedere la natura del sistema, la sua profonda relatività, fragilità, la sua mortalità. Le infermità fisiche dunque sono un’anomalia; non riusciamo a vedere in esse l’altra normalità possibile, ma solo l’anormalità rispetto al corpo; l’infermo si muta in deforme, l’infermità in deformità, e dall’anomalia si crea la mostruosità.
I mostri rivelano chi siamo I giovani artisti dell’Atelier dell’Errore, attraverso le loro opere di creature apparentemente mostruose, rivelano ciò che noi siamo e che, sebbene a un livello meno letale che in passato, spesso rifiutiamo di accettare. Le loro opere mostrano ciò che molti studi antropologici ed evoluzionistici hanno ormai scientificamente dimostrato, cioè che l’essere umano è stato un errore evolutivo, dove il superfluo, l’eccentrico e l’anormale hanno giocato un ruolo decisivo per la sopravvivenza della specie. Il paleontologo Stephen Jay Gould ne La vita meravigliosa (Feltrinelli, Milano 1990) racconta che tutto quello che noi sappiamo sull’evoluzione è frutto della sovrabbondanza, della presenza di grande eccentricità e di grande superfluità, apparentemente mostruosa agli occhi dei molti. Bisogna dunque riconoscere nelle opere degli artisti dell’Atelier dell’Errore la sofferente capacità di immaginare la complessità della vita e dei legami sociali, in grado di trasformare le condizioni mostruose in condizioni “eccentriche”, di trasformare la marginalità in singolarità espressiva, in una nuova opportunità di convivenza sociale, senza cadere, come spesso abbiamo fatto in passato, in una cieca caccia ai capri espiatori.