Un patto tra generazioni per guardare al futuro

Per la rubrica Opinioni del Corriere della Sera

di Mauro Magatti
17 Marzo 2021

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Ma rispetto al dopoguerra non ci sono macerie e una classe dirigente giovane e piena di fiducia. C’è un’economia da ripensare in un paese stanco e invecchiato

In queste prime settimane di lavoro, il governo si sta muovendo in modo coerente con l’appello all’unità e all’amore per l’Italia con cui Mario Draghi ha concluso il suo discorso di insediamento, richiamandosi allo spirito di ricostruzione post bellica per affrontare i difficili passaggi che ci aspettano.

Oggi come allora, l’Italia si trova a dover gestire i postumi di un grave shock esterno negativo che, come sostengono diversi economisti, potrebbe anche diventate l’occasione per abbattere alcuni blocchi strutturali e così aprire una nuova fase di crescita.

E tuttavia la storia non si ripete mai allo stesso modo. E così il richiamo al momento forse più alto della nostra storia nazionale va poi calato nella realtà della situazione attuale.

Tra le tante differenze tra queste due congiunture storiche, tre mi paiono particolarmente utili per illuminare meglio il nostro tempo. Si parla di ricostruzione. Ma oggi non ci sono macerie. La pandemia ha lasciato molti morti, reso precari molti posti di lavoro, mandato in rovina molti commercianti e piccoli imprenditori. Ma non lascia sul terreno palazzi o ponti da rimettere in piedi, da cui ripartire concretamente. Attorno a noi non c’è la materialità della distruzione che l’esito di un conflitto bellico pluriennale si lascia dietro. Si aggiunga che, nel dopo guerra, l’agenda economico-politica era relativamente facile da scrivere: permettere l’accesso al benessere materiale a quella ampia parte di popolazione che lo doveva ancora conquistare. Oggi, al contrario, abbiamo un problema di sostenibilità (economica, ambientale, sociale) che ci chiede di cambiare i nostri modi di produrre e consumare.

Più che ricostruire oggi dobbiamo ripensare l’economia. Per questo, é importante la visione del futuro. Il mondo non va ricostruito, ma…

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