Per le nuove generazioni, ovvero per il futuro della nostra società, ragionare in questo modo è del tutto naturale, spontaneo e accettato. È evidente nella diffusione di nuove pratiche sociali e nelle sfere di consumo, produzione e comunicazione.

​​​​​​La generatività sociale è un nuovo modo di pensare e di agire personale e collettivoche racconta la possibilità di un tipo di azione socialmente orientata, creativa, connettiva, produttiva e responsabile. Un’azione capace di impattare positivamente sulle forme del produrre, dell’innovare, dell’abitare, del prendersi cura, dell’organizzare, dell’investire, immettendovi nuova vita.

La generatività sociale è un modo specifico di collocarsi nel tempo, nella consapevolezza che questo ci precede e che continua dopo di noi. Mentre ci porta un’eredità da custodire, esso ci chiede di lasciare un nostro originalissimo segno per chi verrà dopo.

Agire generativamente si traduce in un “mettere al mondo” e “prendersi cura” di quanto generato, affinché questo possa crescere e fiorire, per arrivare, poi, a un “lasciarlo andare”, così che, una volta capacitato, esso si senta “autorizzato” ad un nuovo fare creativo e produttivo. Lasciar andare significa rendere libero/i altro/altri di immaginare strade nuove. Tale dinamica, se letta in chiave sociale, può essere la base di una stagione di sviluppo capace di costruire un nuovo equilibrio tra un’economia sostenibile e una società contributiva.

Questo tipo di approccio permette di conciliare il proprio desiderio con quello degli altri; promuove realizzazione personale e, insieme, sviluppo sociale, attraverso percorsi di capacitazione (cioè non in modo assistenziale) di altro e altri; mettendo altri in grado di migliorare se stessi e le proprie capacità all’interno della cornice di un nuovo legame sociale; valorizzando l’azione individuale attraverso quella della comunità, e viceversa.

Non c’è dubbio che la crisi del 2008 abbia accelerato importanti movimenti di ricerca verso una nuova relazione tra economia e società. Si avverte sempre più diffusamente l’urgenza di superare vecchi paradigmi non più sostenibili dal punto di vista socio-economico e sempre meno legittimabili in termini culturali ed etici. Posti di fronte all’onda lunga della crisi che ha messo a soqquadro un modo di agire e di pensare che veniva dato ormai per scontato e assimilato, si sente oggi da più parti la necessità di ripensare un modo nuovo di fare economia, di fare impresa e, in senso più ampio, di fare comunità, dopo il percorso di atomizzazione portato avanti dagli anni ’80 fino allo scoppio della crisi.

Attraverso la generatività sociale è possibile intraprendere questo tipo di mutamento e mettere in moto un cambio di paradigma che può immetterci su una nuova e promettente strada in grado di traghettarci oltre la crisi.

Questo processo non è lontano nel tempo. Non è da attendere. È già qui. È evidente nella diffusione di nuove pratiche sociali nelle sfere di consumo, produzione e comunicazione orientate in senso collaborativo (si pensi alla sfera della sharing economy). Esse confermano l’affermarsi di nuove sensibilità e obiettivi sociali che sollecitano, tra le altre cose, a ripensare la stessa idea di impresa e il suo ruolo sociale.

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