Libertà e sicurezza costituiscono una polarità fondamentale per gli equilibri di fondo di una società. La domanda di sicurezza esprime il bisogno di proteggersi dai pericoli del mondo circostante. Obiettivo che porta a cercare di tenere sotto controllo la realtà, ivi compresa la libertà. Quest’ultima, a sua volta, accresce la contingenza: più opportunità e autodeterminazione implicano maggiori rischi e insicurezze.
Il ciclo storico alle nostre spalle ha le sue origini alla fine degli anni 60, quando l’ordine delle cose che reggeva la società post bellica improvvisamente sembrò rigido e soffocante. Per vie molto diverse da quelle immaginate dagli studenti del ’68, la potente domanda di libertà che allora si affermò è penetrata così profondamente nelle viscere della società da diventare l’energia psichica della crescita neoliberista. In tutto l’Occidente, dai primi anni 80 la libertà è cresciuta in tutti gli ambiti della vita. Nella convinzione che mercati e innovazione fossero sufficienti per garantire la crescita, vero e affidabile baluardo su cui poggiare la «sicurezza» di tutti.
Dopo il 2008 questa convinzione ha però cominciato a incrinarsi. Così che è aumentata la percezione di una insicurezza che non è riducibile a uno specifico problema (per esempio il numero degli immigrati) ma è espressione di una condizione generale. Come ha messo in luce un recente rapporto dell’Oecd (States of fragility), benché capace di risolvere tanti problemi, la crescita economica tende anche a rendere più fragili ampie quote di popolazione. La ragione non è difficile da capire: oggi ci sono molte più possibilità di una volta. Ma solo chi dispone di tutta una serie di condizioni può effettivamente goderne: avere una famiglia che aiuta e sostiene nelle difficoltà; nascere in un quartiere o in un’area geografica prospera; avere un titolo di studio o almeno una qualche competenza professionale; godere di buona salute e di buone relazioni sociali; non incappare in un qualche evento traumatico.
In un contesto in cui le sicurezze istituzionali e quelle relazionali si sono indebolite, il cambiamento di clima registrato sul piano macro ha cambiato la cornice generale: anni di attentati che hanno scavato nella psicologia collettiva; incertezze economiche persistenti e mai fugate dalla ripresa del Pil; cronica esposizione a eventi globali — come le migrazioni o i cambiamenti climatici — dai quali non si sa come difendersi. Si potrebbe dire che l’enorme aumento della contingenza prodotto dalla moltiplicazione delle libertà su scala globale prodottasi negli ultimi decenni ha finito per rovesciarsi nel suo contrario, facendo esplodere la domanda di sicurezza. Nel calo di fiducia nei sistemi tecno-economici, alla politica oggi si chiede di «mettersi in mezzo» tra le vite individuali e i grandi fenomeni a cui ci si sente esposti. Aprendo così un enorme spazio che i nuovi partiti di destra, in tutto il mondo, stanno cercando di occupare.
Se le cose stanno così, la fase che abbiamo appena cominciato a vivere potrebbe durare a lungo, con conseguenze difficili da immaginare. Tanto più che nessuno sa come sia possibile costruire un nuovo equilibrio tra libertà e sicurezza. A questo proposito ci sono però almeno due considerazioni iniziali da fare. In primo luogo, il nesso libertà-sicurezza è influenzato dal funzionamento dei contesti istituzionali (politici e tecnici). Si vede bene che nei Paesi (come l’Italia) dove le istituzioni sono piuttosto inefficienti, la fiducia si distrugge e la rabbia e la disillusione diventano più forti. Ma attenzione: se mettere mano al piano istituzionale oggi è necessario, il problema è farlo con intelligenza, avendo consapevolezza della complessa rete di interdipendenze da cui dipende la vita sociale contemporanea. L’idea che possa esistere una politica che prescinda dai contesti (politici e tecnici) internazionali è velleitaria. E dunque pericolosa. In secondo luogo, il rapporto libertà-sicurezza è sensibile alla responsabilità personale. Uno dei problemi del modello che abbiamo alle spalle è l’unilaterale insistenza su diritti e scelte individuali.
Continua a leggere su https://www.corriere.it/opinioni/18_settembre_10/non-puo-esserci-liberta-007b4212-b450-11e8-8b0b-dff47915528b.shtml