Oggi, più che mai, in questi giorni da reclusi sociali, ingabbiati nelle nostre case in difesa da un nemico impercettibile, sorgono spontanee alcune domande sulla “libertà”. Stiamo scoprendo, nella concretezza della vita quotidiana, alcuni aspetti che ci fanno comprendere che la libertà, individuale e collettiva, non è scontata.

Ciò che possediamo (o che crediamo di possedere) può essere messo in discussione in un battibaleno. A cominciare dalla salute, che con il Covid19 sta toccando nel vivo migliaia di famiglie costrette a consegnare a una struttura sanitaria i propri cari, senza sapere se potranno più rivederli, e ancor più, riabbracciarli. Poi, a seguire, molte altre certezze/libertà – economiche, sociali, lavorative – rischiano di essere frantumate. Financo la libertà di movimento, del poter uscire dalla propria abitazione, nel “confine diritto/dovere” cui talvolta, a stento, sappiamo riconoscerne la priorità.

In un lampo siamo stati proiettati dentro uno spazio/tempo che potremmo definire vuoto. Svuotato di certezze. Spesso riempito da paura, tenuta a bada dalla speranza o dalla fede.

Il tempo vuoto, però, non è un tempo fermo, perché attorno a noi accadono delle cose e perché possiamo (o siamo costretti) a pensare.

Si profilano così tre tipi di azioni.

L’attesa (nel dover stare fermi a casa, inerti nell’evolversi delle cose). Perché possa essere presto eliminata questa maledetta bestia microbica.

La lotta, per la vita delle persone, anzitutto. E per la vita sociale (fatta di economia e relazioni) affinché non tutto crolli, con il rischio di veder saltare equilibri esistenti, dentro a forme di resilienza individuale e collettiva.

Infine, la preparazione al dopo Corona virus. Già, perché è ormai chiaro al mondo, che il “dopo” è un’incognita che mette tutto in discussione.

A ciò si aggiunge la circostanza dell’opportunità – che è la “lente” con cui guardare al domani per chi vive questa crisi dentro l’alveo della speranza piuttosto che racchiuso nella comprensibile paura – per operare nella costruzione del mondo nuovo cercando ciò che può essere utile e vantaggioso. Non solo per gestire meglio un’eventuale futura (e purtroppo non escludibile) pandemia, ma anche per correggere alcune storture che la società contemporanea, globale e locale, ha via via collezionato alimentando squilibri che sono significativamente inquadrati dentro la proposta dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Ora, che siamo brutalmente toccati nel vivo da questo incubo, dobbiamo interrogarci sul senso della libertà, sul suo significato e sulla direzione cui vogliamo orientarla con uno sforzo che richiede intelligenza, saggezza, lungimiranza e rispetto. Sta a noi decidere se applicare, o no, queste quattro attenzioni nel rivedere la nostra vita “con” gli altri. Perché oggi, chiusi nelle nostre case, ci è ben chiaro cos’è la vita “senza” gli altri. E sta emergendo una maggiore consapevolezza verso l’interdipendenza con gli altri dei nostri comportamenti e relazioni.

Si comprende con più incisività che la vera libertà non è racchiusa, o raggiunta, nel «posso fare quello che mi pare», perché ne ho le possibilità (anche giustamente guadagnate), se non c’è equilibrio con ciò che mi/ci circonda. In questo momento è l’aspetto della salute a rendere ciò palese, ma lo stesso rapporto non è dissimile per i temi economici, ambientali, finanziari, dei beni comuni e altri ancora.

Se, con la cura delle persone e la resilienza alla vita socio-economica, vogliamo cogliere la condizione dell’opportunità per agire in modo inedito nel post-Covid19, qualunque sia il punto di ripartenza, dobbiamo attivare sin d’ora la fase di “preparazione al nuovo mondo” dentro il vuoto di questo tempo, nella volontà/libertà di assumere comportamenti socialmente responsabili. Ciò va fatto nella duplice direzione/lettura di quel “ioNoi”, che ci invita a uscire definitivamente dalla dimensione dell’agire individuale per passare a un agire complementare. Dobbiamo mettere in discussione l’individualismo, delle persone così come quello delle organizzazioni, e imparare (perché nessuno ha la bacchetta magica) a considerare “altro” e “altri” nelle nostre scelte di tutti i giorni.

Serve un’azione di rinnovato volontà-riato collettivo, sconfinando dal loop della gratuità (si è volontari perché-lo-si-fa-gratis) per collegarlo a quello della libertà (lo-si-fa-perché-si-è-liberi di assumersi delle responsabilità).

La libertà si apre a noi, quindi, alimentandone la consapevolezza attraverso il desiderio e la cura.

La libertà diventa concreta se la collochiamo nella sfera collettiva, mettendoci in relazione con gli altri, e assumendo, in questa nuova necessaria (e obbligata) ri-partenza, responsabilità e comportamenti nell’ottica della continua ri-generazione piuttosto che del consumo (di tempo, di beni materiali, di beni pubblici, dell’ambiente cui con-viviamo)… Così, come, nel cullare il desiderio di dare nuova vita, di essere seminatori (creatori) di nuovo valore economico-sociale e nel gettare le basi per uno sviluppo coeso, armonioso ed equilibrato.

Le “lezioni” della vita le stiamo toccando con mano, dalla pandemia agli effetti climatici. Chiudere ancora gli occhi non è più possibile, salvo farlo nella coscienza e consapevolezza del “non futuro”.