Le organizzazioni sono luoghi di produzione di valore. In questi anni stiamo assistendo ad una profonda, storica, ristrutturazione dell’idea di valore. La riconcettualizzazione dell’idea di valore ha prodotto una transizione da un rappresentazione del valore basata sullo shareholder value ad una idea di valore per una ampia molteplicità di stakeholders. Questa ristrutturazione deve innescare una trasformazione profonda della cultura e dei paradigmi strategici e manageriali, come testimonia tra l’altro l’affermazione dell’idea di shared value articolata da Porter nel 2011. Questa trasformazione dei paradigmi manageriali fatica ad emergere e si presenta come un compito.
Ripensare l’idea di valore esige una trasformazioneprofonda del pensiero e della prassi manageriale, che richiede nuove parole, linguaggi, paradigmi e azioni concrete. Il nuovo paradigma del valore consente di rilegare economia e società, ricongiungendo ciò che i decenni alle spalle hanno scisso, richiede di transitare da un modello estrattivo di valore esclusivamente finanziario, ben rappresentato dalla metafora della miniera, ad un modello di generazione e rigenerazione espansiva del valore per tutti gli stakeholders, di abbandonare la logica di azione dell’incuria che ha caratterizzato il modello estrattivo per adottare lo spirito della cura per i contesti, i processi e le persone. La nuova idea di valore propone di dare finalmente dignità all’idea di giusta misura e di limite, superando la cultura dell’illimitatezza asintotica, della «cattiva infinità» della crescita indiscriminata delle dimensioni e della redditività e aprendo le porte, per la prima volta nella storia del discorso manageriale, all’idea di saggezza.
Questa trasformazione dello «spirito del capitalismo» propone numerose sfide nuove. Una di esse è definire che cosa significhi concretamente per il management delle organizzazioni adottare la nuova idea di valore. Non è sufficiente affermare che le organizzazioni siano chiamate a produrre valore per tutti gli stakeholders, è urgente anche chiarire quale natura abbia e come si articola il valore che è necessario generare nella relazione gestionale con lo stakeholder People, le persone. Assumere nel management l’idea di valore proposta dal pensiero della Generatività Sociale esige un salto paradigmatico, una rivoluzione, questo oggi lo vediamo già chiaramente. Rimane il compito urgente di articolare un paradigma di People Management che traduca e incarni questa rivoluzione.
Cosa significa assumere nella gestione come bussola di riferimento le idee di Autorizzazione, Intertemporalità e Esemplarità attorno cui si raccoglie il pensiero della Generatività Sociale? Cosa significa nel management testimoniare i verbi della GS, desiderare, mettere al mondo, prendersi cura e lasciar andare?
L’ipotesi di lavoro che si intende proporre in questo contributo è che il people management sostenibile e generativo sia una azione gestionale capace di generare 5 tipi diversi di valore e quindi di interpretare 5 equazioni fondamentali della produzione di valore attraverso la gestione delle persone e delle organizzazioni.
Il primo valore di riferimento è quello del senso e la corrispondente equazione richiama l’attenzione sul fatto che vi possa essere sostenibilità e generatività dell’esperienza di lavoro solo nella misura in cui essa sia anche una esperienza di senso, di orientamento a significati chiari, condivisi e mobilitanti. Da questo punto di vista va riconosciuto che il trentennio alle nostre spalle ha coinciso con una spaventosa crisi di senso dell’esperienza di lavoro nelle organizzazioni favorita dall’emergere delle esigenza di redditività finanziaria come unico senso del lavoro, ma ha anche consentito a chi sia rimasto in ascolto di questi anni di vedere oltre ogni evidenza come la redditività finanziaria non possa costituire un senso sufficiente per mobilitare le energie di impegno e creatività dei lavoratori di qualsiasi livello.Il management sostenibile e generativo dovrà quindi orientarsi all’idea di purpose, facendo attenzione a non strumentalizzarla come l’ennesima buzzword di moda e in grado solo di fare una breve comparsa nel firmamento dei concetti-meteora del discorso manageriale.
Il secondo tipo di valore è quello della conoscenza e l’equazione che gli corrisponde afferma che il management sarà tanto sostenibile e generativo quanto sarà in grado di stimolare la produzione di conoscenza da parte degli attori organizzativi. Si tratta di orientare la gestione ad azioni e approcci in grado di stimolare e provocare l’elaborazione del pensiero, della conoscenza riflessiva attorno all’ esperienza di lavoro e al funzionamento organizzativo nelle loro complessità. I manager sostenibili e generativi saranno capaci di favorire l’elaborazione di apprendimento e conoscenza originale sia sul funzionamento organizzativo e sociale del contesto sia rispetto alle dinamiche psicologiche, relazionali e sociali, nonché politiche ed economiche, anche del mondo esterno. A questo fine un tratto caratterizzante il management generativo sarà la capacità di costruire, sostenere e gestire luoghi, spazi e tempi organizzativi collettivi in cui possa essere coltivata la produzione sociale di conoscenza utile e situata, di apprendimento utile proprio perché situato nella concretezza effettiva dei problemi, delle sfide e dei processi caratterizzanti ogni singolo contesto.
Il terzo valore chiave del management sostenibile e generativo è quello della soggettivazione. L’equazione sottostante richiama il fatto che la gestione possa essere generativa solo nella misura in cui sia capace di promuovere processi di soggettivazione nell’esperienza di lavoro. Promuovere la soggettivazione nei contesti di lavoro significa promuovere lo sviluppo di soggetti capaci di integrare in modo coerente il pensare, il sentire, il dire e l’agire e di evitare la possibilità patologica, sia esistenzialmente che organizzativamente, della scissione tra questi aspetti. La Generatività richiede soggetti liberi, responsabili e autentici. La sfida consisterà nel promuovere soggetti capaci di agire nei contesti lavorativi sapendo ciò che pensano e sentono, in grado di esprimere e fare ciò che effettivamente pensano e sentono e in grado di lottare costruttivamente per ciò che conta, sia nell’interesse della propria integrità identitaria ed esistenziale, sia per la difesa di relazioni cooperative costruttive, sia per il perseguimento dell’interesse organizzativo e del compito primario istituzionale. È oggi evidente come il trentennio trascorso abbia purtroppo spesso contribuito a costruire soggetti di cartone, inconsistenti sul piano identitario ed etico, fragili sul piano della continuità del proprio pensiero e della propria azione, spesso ansiosamente e passivamente assoggettati all’esigenza di adeguare modelli idealizzati prescritti. La parola fondamentale del management che si orienti alla generatività e sostenibilità sarà in questa prospettiva l’idea dell’autorizzare, ossia dell’operare affinché le persone possano esprimere il valore della loro insostituibile libertà, del loro pensiero personale e possano sperimentare la necessaria libertà di giudizio, deliberazione decisione e azione nell’esercizio dei loro ruoli.
Il quarto valore caratterizzante il management generativo è la fiducia. La terza equazione fondativa del management sostenibile sottolinea il fatto che la gestione può essere generativa solo nella misura in cui promuove la costruzione della fiducia, intesa come asset organizzativo di fondamentale centralità. La sfida della costruzione della fiducia, che si situa sul piano etico, è quella di agire alimentando il patrimonio di fiducia tra le persone, tra l’organizzazione e le persone e anche delle persone in loro stesse. Su questo piano sarà necessario imparare a coltivare la fiducia interpersonale, a sostenere la fiducia nell’autenticità e nell’affidabilità della parola e degli impegni, la fiducia nella giustizia ed equità delle decisioni, delle policy, fiducia nella trasparenza comunicativa tra attori organizzativi e tra essi e l’organizzazione. Il management generativo sarà consistentemente impegnato nella sfida della generazione di fiducia e lavorerà sia sul piano dei comportamenti che su quello delle strutture e dispositivi, dei processi, dei sistemi e delle regole che determinano il rapporto tra lavoratori e organizzazione. La logica di azione che nel pensiero della GS si definisce come autorizzare gioca un ruolo centrale nella generazione di fiducia. Questo investimento sulla questione della fiducia costituirà un indubbio elemento di forte discontinuità rispetto al periodo storico neomanageriale, che, al di là dei dichiarati trionfalistici e idealizzanti, ha rappresentato una fase nella quale si è molto diffusamente compromesso il capitale di fiducia relativo all’esperienza di lavoro, sia nei rapporti orizzontali che nei rapporti verticali con le autorità gerarchiche, e anche nelle relazioni istituzionali tra soggetti e organizzazione.
Infine, il quinto valore di riferimento del management sostenibile generativo è il legame. L’equazione corrispondente a questo valore ci ricorda il fatto che la gestione può essere generativa sono della misura in cui sia capace di promuovere la costruzione di legami solidi, significativi, affidabili, soddisfacenti tra le persone, con le autorità, con i colleghi e con l’organizzazione intera, superando l’orientamento che ha dominato nei decenni precedenti colonizzato dalla retorica e dalla pratica dello slegame e improntato ad esasperare una forma astratta e distruttiva di individualismo competitivo.
Perseguire questi cinque valori nella gestione di persone e organizzazioni significherà operare una autentica rivoluzione silenziosa e coraggiosa, assumendo riferimenti diversi da quelli che hanno ispirato la narrativa e la pratica manageriale effettiva negli scorsi decenni. Significherà costruire una testimonianza che anticipa il tempo che verrà e che potrà ispirare altri aprendo anche per loro sentieri imbattuti.