Forse ogni tempo è tempo di cambiamenti. O forse no, alcune fasi storiche lo sono di più. Così ci appare questo passaggio: più denso, accelerato, irrequieto, disruptive. Epocale.

Alle soglie del Terzo millennio si aprono davanti a noi sfide decisive e planetarie.

L’asimmetria tra la complessità delle questioni in gioco e la possibilità per ognuno di noi di contribuire in qualche misura all’evoluzione positiva della Storia non può che far tremare i polsi.

Nel guardare al domani con maggiore fiducia può aiutarci ricordare i passi già compiuti dall’umanità – nel campo dei diritti umani, nelle forme di convivenza, nella capacità di rispondere efficacemente ai bisogni collettivi, al senso di umanità che ha tenuto nonostante le stagioni più buie.

Ma questo recupero della memoria potrebbe anche non bastare a rendere questa transizione davvero felice nelle sue evoluzioni, se non si comprende quanto sia ugualmente importante preoccuparci della consegna ad altri, a chi verrà dopo, di questo incredibile patrimonio.

È questa l’attenzione alla quale ci sollecita “La consegna intergenerazionale. Tra sfide emergenti e nuove responsabilità”,l’ultimo lavoro di Sandro Calvani, consigliere senior per la pianificazione strategica presso la Fondazione Mae Fah Luang di Bangkok e docente di politica dello sviluppo sostenibile e degli affari umanitari presso la Webster University.

Così scrive Calvani: “La massima priorità dovrebbe dunque essere la capacità di consegna intergenerazionale dei beni comuni globali. È la qualità dell’umanesimo che scegliamo e che viviamo oggi, nei dettagli e nei macrosistemi, che decide se il nostro è o meno un umanesimo generativo, e dunque se ci sarà o no l’umanità del XXII secolo”.

È urgente compiere quel salto di paradigma che oggi sempre più voci sollecitano. Per non essere travolti dalle trasformazioni in atto non possiamo sforzarci di meno. Il ritmo e la portata del cambiamento, del resto, è dato dalla natura e dall’urgenza di problemi che incominciano a diventare prioritari per masse crescenti di popolazione, mentre i paradigmi  precedenti e il loro armamentario – come ben descriveva il filosofo della scienza Thomas Kuhn – ci appaiono sempre più inutili.

Non si tratta però, di mettersi a tavolino per programmare prima, ed implementare poi, suggerisce Calvani, che con il suo pluridecennale lavoro in organismi internazionali, dall’ONU alla Caritas, ha sempre voluto coniugare micro e macro, azione e riflessione.

Si tratta di vivere innovando e di un innovare vivendo.

Ed è forse questa la chiave in un nuovo conoscere e dialogare con il reale nel quadro di una rinnovata comprensione di se stessi, che si appoggia al riconoscere – nel doppio senso di “prendere atto” e di “essere riconoscente”- le interconnessioni tra le cose, i processi, i sistemi, il quale diventa la chiave di volta per una nuova visione planetaria e intersettoriale.

È evidente che su questo terreno, quello delle trasformazioni epocali, il gioco può essere solo di squadra. Così che si può immaginare di vincere quelle partire nelle quali – come cantava De Gregori ne La leva calcistica del ’68 – la qualità di un giocatore “la vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”.

Ma come procedere ad accompagnare le comunità a questo cambio di paradigma?

La formazione di biologo consente a Sandro Calvani di proporre una cornice per l’azione formata da 4 lettere – G, A, T, C, – ispirata alla struttura del DNA, l’alfabeto della vita.

“G’ rimanda alla generatività dell’educazione. Le istituzioni del passato sono state pensate per un addestramento a disconnettersi “dalla saggezza del corpo, dal nostro spirito personale e collettivo, che in alcune parti dell’Occidente addirittura è sparito, o non sappiamo più come sentirlo.” Non è un caso che “alienati dal nostro essere più profondo e dal mondo che ci circonda, molti si sentono insoddisfatti, spaventati e soli”. Indicatori di questo scollamento del mondo sono le guerre, i nazionalismi, la distruzione ecologica, i suicidi, le dipendenze, estremismi di vario genere, la pornografia.

“A” ha a che fare con la capacità di adattamento a partire da se stessi a queste trasformazioni, che come ricordano Blair Sheppard e Ceri-Ann Droog richiamano 5 sfide fondamentali: Asimmetria del mondo; Disruption, la rottura o disorganizzazione dei sistemi vitali e tecnologici; Age, la questione demografica; i Pop Sov, ovvero i populismi e sovranismi emergenti; e infine Trust, la fiducia nelle istituzioni.

La “T “ sta per Thrivability, termine che desidera descrivere una nuova idea di progresso fondato sulla sostenibilità.

In ultimo la “C” rimanda ad un Curarsi della pace, come grande patrimonio e responsabilità collettiva.

Il cambiamento ci sarà. Ed è evidente che potrebbe travolgerci. Ma una alternativa esiste ed è per Calvani prepararsi nell’oggi lavorando sulla combinazione giusta “per aprire la cassaforte che contiene le cose preziose che stiamo cercando, come la sostenibilità e la felicità”.

Il che significa non dimenticare la dimensione del senso, la sola attorno alla quale, alla fine, può riaccendersi il desiderio di nuovo dialogo e di una nuova consegna intergenerazionale.