Le sei parole che abbiamo evidenziato nel precedente contributo come pilastri della ricostruzione della governance nelle organizzazioni testimoni dell’idea di valore condiviso sono dei concetti-guida vitali e propulsivi che determinano una riscrittura radicale delle funzioni chiave del people management. Esse sono: Etica, Pensiero, Soggetto, Legame, Tecnologia, Saggezza.

Queste parole-guida ristrutturano in profondità le funzioni chiave dell’HR Management nei contesti sostenibili e generativi:

  • Orientare (Purpose)
  • Organizzare (Organizing)
  • Responsabilizzare (Responsibilizing)
  • Apprendere (Learning)
  • Integrare (Integrating)
  • Scambiare valore (People Value Exchange)

 

 

Cosa significa orientare la strategia di HR Management ad un purpose sostenibile e socialmente generativo?

Le organizzazioni testimoni del valore condiviso sono capaci di mettere in maniera coerente e pervasiva al centro della propria identità culturale, della strategia e delle prassi gestionali i principi della sostenibilità e della generatività sociale. Sono costruite attorno ad un’idea e una formula imprenditoriale che mette al centro il valore della generatività sociale nella relazione con tutti gli stakeholders, assumendola concretamente come propria ragione di esistere e come principio ispiratore di tutte le prassi organizzative, gestionali e relazionali, rendendola una consapevole bussola organizzativa e strategica.

Sono organizzazioni che si orientano e si costruiscono in relazione ad un purpose, portatrici di un DNA strategico, culturale e operativo peculiare, di una visione del ruolo dell’impresa nella società orientata alla sostenibilità e generatività sociale.

Le imprese che incarnano le logiche della sostenibilità e della generatività sociale hanno un ruolo pionieristico, esplorano sentieri ancora in larga parte imbattuti. Essere un’organizzazione socialmente generativa nell’attuale epoca del tramonto del paradigma neomanageriale e neoliberista, ma anche nell’epoca della ricostruzione post-pandemica, significa esprimere coraggio, innovatività, visione originale, avere la forza di rappresentare un’anomalia, una devianza, un’eccezione rispetto al recente passato.

Chi ha responsabilità di governance delle organizzazioni a valore condiviso è sinceramente e autenticamente convinto del fatto che tali principi debbano costituire lo spirito, il cuore, l’anima del funzionamento organizzativo ordinario in rapporto a tutti gli stakeholder dell’organizzazione e che questa filosofia strategica esista in modo tangibile e credibile solo quando penetra in profondità e dà forma a tutti i processi e sistemi aziendali.

La convinzione-guida è che la via della sostenibilità e della generatività sociale siano oggi le più promettenti e adeguate dal punto di vista storico, economico, sociologico, politico ed etico, ma anche da punto di vista concretamente imprenditoriale.

I paradigmi della sostenibilità, della generatività sociale, del valore condiviso o integrale sono oggi riferimenti che sollecitano sempre maggiore consenso e acquisiscono crescente legittimazione e notorietà nei settori organizzativi più diversi, profit, non profit e pubblico.

Nel quadro di questo crescente consenso sociale, evidente anche nel mondo del management, emerge una differenziazione tra aspetti della governance sostenibile che appaiono già oggi  aree di sperimentazione più avanzate, nelle quali si contano numerose esperienze importanti  e si constata un livello già significativo di integrazione nell’agenda manageriale (vedasi ad esempio l’archivio di casi Generatività.it) e aree che ancora oggi costituiscono territori largamente impensati e inesplorati nei quali poco si è fatto fino ad oggi per interpretare concretamente le logiche della generatività sociale.

Uno dei territori che con più evidenza appare oggi arretrato rispetto alla traduzione delle logiche del valore condiviso e della generatività è, forse sorprendentemente, quello dello Human Resource Management, ossia l’ambito della relazione gestionale tra l’organizzazione e le persone che ne fanno parte.

Le pratiche più diffuse dello HRM e i loro paradigmi fondanti appaiono oggi ancora profondamente incardinati nella cornice del discorso neomanageriale che ha caratterizzato lo scorso trentennio e poco fino ad oggi si sta innovando e sperimentando per emancipare lo HRM da questo discorso e per promuovere la sua evoluzione verso la logica del valore condiviso.

Quali evoluzioni potrebbero concretamente traghettare lo HRM nel paradigma della Sostenibilità e Generatività Sociale?

Un primo piano evolutivo è quello della centralità della dimensione etica per la costruzione delle strategie HR a valore condiviso.  La strategia HR si connota in queste organizzazioni in termini esplicitamente etici, mettendo al centro valori e priorità definiti. L’etica smette di essere una prospettiva di lettura scissa ed astratta, poco influente, sovrastrutturale, per divenire invece forza trainante della strategia HR, nel senso che a guidare è la scelta dei valori che si intendono perseguire. La strategia HR diviene uno sviluppo implementativo coerente dei valori-guida e degli obbiettivi di sostenibilità relativi ai lavoratori. Questo costituisce una rivoluzione paradigmatica.

Il secondo concetto che ridefinisce la strategia HR è quello del pensare-con, nel senso che la definizione della strategia diviene un esercizio di innovazione progettuale profonda, che richiede un investimento di pensiero innovativo, capace anche di decostruire riflessivamente idee e pratiche tipiche del mondo che abbiamo alle spalle, e si produce dialogando e pensando con gli stakeholder stessi per arrivare a definire attraverso un processo di co-progettazione uno scambio di valore riconosciuto bilateralmente come soddisfacente.

Il terzo concetto guida è quello di soggetto, nel senso di costruire la strategia HR partendo dalla rappresentazione del lavoratore come soggetto e come partner e non come Risorsa Umana, come Capitale Umano o Workforce, ma nemmeno come imprenditore di sè stesso. Pensare lo stakeholder lavoratore come un soggetto implica il valorizzare la sua capacità di pensare, di progettare e migliorare, il suo essere autore della propria azione nonché proprietario della propria professionalità, il suo bisogno di riconoscimento e di autonomia, ma anche di sicurezza, di radicamento  e di appartenenza. Significa anche tenere conto delle complessità psicologiche e sociali dell’esperienza di lavoro, distanziandosi dalle pericolose semplificazioni antropologiche che hanno dominato negli ultimi decenni. Pensare al lavoratore come soggetto significa anche congedare il pensiero e le prassi tayloristiche che separano il pensare dall’agire, in tutte le loro forme.

La quarta idea guida è quella di legame, che orienta la strategia HR all’obbiettivo di costruire con le persone e le comunità legami durevoli, fiduciari, di investimento nel bene comune dell’impresa e nel suo futuro, prendendo le distanze dalle strategie improntate al puro performativismo competitivo, al breve periodo, all’indifferenziazione, alla aterritorialità e alla sostituibilità universale delle persone.

La tecnologia è un’altra parola chiave della strategia HR orientata al valore condiviso e propone il vasto campo di ricerca che nasce da questa domanda: in che modo le opportunità della tecnologia possono essere messe al servizio della fioritura dei soggetti, delle relazioni e del valore per gli stakeholders e non del progetto dell’estrazione di valore finanziario, del controllo e dell’autoritarismo tecnocratico e comportamentista?

Infine la parola saggezza, concetto che ereditiamo dalla filosofia antica, ma estremamente attuale nel dibattito contemporaneo, riscrive la questione della strategia HR dando una inedita centralità al fatto che sia basata sulla capacità di pensare la complessità del valore che le imprese possono produrre, alla capacità di ricomporre in modo equilibrato gli interessi di una molteplicità di stakeholders e di ispirarsi nella gestione ai principi di mediazione, misura, di verità e di giustizia, di orientarsi al futuro di lungo periodo. Sono queste le basi per la costruzione di imprese in grado di liberare valore per le comunità e i territori nel lungo periodo. La saggezza richiede cultura. La cultura si candida a divenire, dopo decenni di imbarazzante oblio e di educazione all’ignoranza, la competenza-chiave del  Management.