C’è un tempo ed un luogo per ogni cosa. Ovvero come passare dalla fase 1 alla fase 2 del tempo COVID-19.

Per un mese la nostra vita è stata compressa in un tempo sospeso, un vuoto dove è stato difficile aggrapparsi, se non alla fede ed alla paura. Sì certo, la paura è una grande alleata quando si deve pensare alla propria salute ed a quella dei familiari. Non bisogna avere paura di avere paura. La paura ti “costringe” a rispettare le regole, ad applicarle, ma è in se stessa passiva. La fede invece, intesa come capacità di credere in Dio, è proattiva. Infatti, credere in Dio è un percorso, non semplice, né facile, ma il giorno in cui riesci a credere, il senso della vita diventa più pieno, più appagante, più completo. Dio, infatti, abita nella dimensione del nostro credere, più noi crediamo e più Dio esiste e naturalmente più Dio esiste, più noi crediamo. Quando sono riuscito a capirlo, l’ho trovato di una semplicità fantastica.

Proverò a dirvi, con molta semplicità, senza avere preparazione teologica né filosofica, cosa penso delle parole: “abitare” e “dimensione”, aiutandomi con quanto estrapolato da un libro del caro amico pedagogista e docente Johnny Dotti – “È l’abitare che crea l’habitus (abito, modo di essere , forma, atteggiamento, conformazione dell’animo) e costituisce il contesto in cui si sviluppa l’ethos, la norma di vita di una persona e di una comunità. Abitare è la disposizione concreta che nell’esistenza ci fa coniugare corpo, anima e spirito. Abitare è relazione. Simbolo e significato”. Quindi, la fede è il mezzo per trasformare il tempo sospeso in tempo dell’attesa. Il tempo dell’attesa è un grande tempo, vorrei permettermi di dire che è il nostro tempo migliore, è il tempo principale, se noi lo sappiamo capire, se noi lo sappiamo amare, se lo sappiamo condividere. È nell’attesa che noi scriviamo i nostri pensieri più veri, che immaginiamo il nostro futuro, che realizziamo i desideri per costruire il viaggio della nostra vita.

Utilizzando un concetto dello scrittore Erri De Luca, potremmo azzardarci a dire che “l’attesa è il giorno prima della felicità”, in altre parole, che l’attesa è il tempo dolce dove si è alla ricerca del senso della nostra vita, dei nostri progetti, della nostra voglia di realizzare insieme un mondo migliore. Il tempo dell’attesa, se vissuto in modo attivo, coinvolgente, può diventare un grande pezzo di vita serena, un’anteprima di lungo periodo della felicità, perché come noi tutti sappiamo la felicità è invece un tempo breve, un attimo, un momento. L’attesa per realizzare un grande progetto, per esempio, è un tempo lungo di relazioni, di condivisioni, di aiuti reciproci, di pensieri, di problemi da risolvere, ma di grande eccitazione, di grande innamoramento. Quando poi il progetto è pronto e realizzato siamo felici, è vero, ma l’adrenalina è finita. Era il tempo dell’attesa che nutriva la nostra capacità e voglia di raggiungere un obiettivo, di centrare un risultato. Ecco, io credo che sia giunto il momento di passare dal tempo sospeso al tempo dell’attesa e mettere tutte le nostre migliori risorse, tutte le nostre capacità, recuperare tutti i nostri desideri, per costruire insieme un mondo nuovo, più giusto, più vero, più umano, con più amicizia, con più misericordia, un mondo che non escluda nessuno. Voi se volete chiamatela pure utopia, ma io ci credo. Sognare con i piedi per terra si può, anzi si deve.

È vero, non so se ho spiegato come passare dalla fase 1 alla fase 2 del tempo COVID-19, confido, però, di aver dato un senso a questo capolavoro chiamato “Vita”.