Non si usa lo smart working in parrocchia a Baranzate. Per affrontare l’emergenza alimentare il pulmino dell’oratorio viaggia dai supermercati al magazzino per lo scarico delle scorte, poi riparte verso le case degli anziani e dei poveri in un percorso che dal quartiere di via Gorizia arriva fino al palazzone di via Aquileia. Alla guida c’è don Paolo Steffano. “Siamo dentro una fragilità planetaria”, dice parroco del Sant’Arialdo, oratorio del Comune più multiculturale dell’hinterland, che insieme a suore, educatori, operatori dell’associazione La Rotonda corre più che può per assicurare un pasto a chi l’ha perso.

Don Paolo, come si vive di questi tempi?
“La pandemia rende più poveri, le famiglie che chiedono aiuto sono in aumento: da 150 sono salite a 230 le borse della spesa da riempire ogni giorno”.
Dilaga anche la povertà…
“Se sei la donna delle pulizie e ti pagano in nero, adesso sei a casa e in famiglia non riesci più a portare un soldo da settimane. Se sei il lavoratore a tempo determinato, il precario, quello che si barcamenava per tirar su qualche euro adesso non stai guadagnando più nulla. Manca il cibo da mettere nei piatti”.
Come si approvvigiona il vostro banco alimentare?
“Grazie all’appello “Regala una spesa alle famiglie più bisognose“ che abbiamo lanciato sulla piattaforma Gofundme, arrivano le scorte. Ci hanno risposto in tanti, dalla Fondazione McDonald’s, alla Croce rossa, al Banco alimentare, Coop, Esselunga, Metro, Prenatal, Fondazione Nph Francesca Rava, Compagnia delle opere, Simone Bottini e molti altri”.
Come vi organizzate?
“C’è un gran lavoro che prende tutta la giornata. Io e le suore ci siamo rimessi in pista, dove c’erano i volontari ci siamo noi. In certi momenti abbiamo pensato di chiudere, ma davanti alla continua richiesta di aiuto abbiamo capito che non si poteva. Abbiamo trasferito quattro educatori alla distribuzione della spesa. Si carica, si scarica, si passa allo stoccaggio, alla preparazione delle borse per le famiglie. E poi per fare le cose in sicurezza devi scaglionare gli orari, mettere i divisori per non fare entrare gli uni in contatto con gli altri.
Come in una guerra…
“Una battaglia che si vince tutti insieme. Ci si sostiene, anche con un sorriso, con l’obbedienza alle leggi, nell’esserci anche in mezzo alle restrizioni. Così come non può mancare l’impegno di portare a casa degli anziani soli le medicine. E non basta. La sera mi metto sulla poltrona e faccio un po’ di telefonate e suggerisco a tutti di fare altrettanto”.
La sera don Paolo si misura la febbre?
“L’ultima volta ero in quinta elementare. Finché sto bene vado avanti anche se le categorie a rischio mi danno già per defunto. Non è il tempo di essere imprudenti, ma nemmeno quello di chiudersi nel proprio nido davanti a un mondo che grida”.

 

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